AGI - Per il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, il taglio del cuneo fiscale è stato una "delusione" e serve una riduzione di almeno 4 punti. "Noi avremmo auspicato una scelta forte, coraggiosa, nel taglio sul cuneo fiscale. Per noi è una delusione, dopo che tutti i partiti dicevano che il taglio del cuneo era una priorità, vedere il solo mantenimento del taglio stabilito dal precedente governo e l'intervento risibile sotto i 20mila euro. Non va nella giusta direzione", ha detto Bonomi, nel corso della sua audizione in Commissione Bilancio alla Camera sulla manovra economica.
"Serve un taglio del cuneo di almeno 4 punti perché abbia un effetto significativo: troppe volte nei decenni alle nostre spalle piccoli tagli di 1 o 2 punti non hanno avuto alcun effetto", ha sottolineato il presidente di Confindustria, "nel 2021, il cuneo in Italia è stato pari al 46,5% del costo del lavoro, uno dei più elevati tra i paesi avanzati (la media dell'Eurozona è al 42%) - ha osservato Bonomi - E oggi che l'inflazione è a doppia cifra e la bolletta energetica è altissima, sarebbe la via migliore per mettere subito nelle tasche dei lavoratori molto più reddito disponibile di quanto non avvenga con la logica dei micro-tagli e dei micro-sussidi su bollette, carburante e affitti".
Per il leader degli industriali, "le risorse per un taglio deciso al cuneo contributivo e per una seria riforma dell'occupabilità ci sono". "Per trovarle - ha ribadito - siamo convinti che basterebbe rimodulare qualche punto percentuale di allocazione degli oltre mille miliardi di spesa pubblica superati in questo 2022, senza creare deficit aggiuntivo".
La proposta degli industriali
Bonomi ha ricordato la proposta di Confindustria: "un taglio dei contributi di 16 miliardi sui lavoratori dipendenti con redditi fino a 35 mila euro, due terzi a beneficio dei lavoratori e un terzo dei datori di lavoro". In questo modo, ha spiegato, "il lavoratore che guadagna 35 mila euro avrebbe un beneficio di 1.223 euro e il cuneo scenderebbe al 42,5%, avvicinandosi a quello medio dell'eurozona (42%)".
In questa prospettiva, ha detto, "dalla manovra ci attendiamo quantomeno un intervento sul costo del lavoro in termini di taglio delle contribuzioni per la Cuaf (la Cassa Unica Assegni Familiari), che gravano sui datori di lavoro per circa 2 miliardi di euro all'anno. Tale contribuzione, infatti, ha perso ogni ragion d'essere dal momento che, ad oggi, l'Assegno unico e universale per i figli a carico è una prestazione che va a beneficio della generalità delle famiglie e, dunque, è interamente finanziata tramite la fiscalità generale".