AGI - Upsidedown. Il mondo sembra “sottosopra”, scrive lo spagnolo il Paìs, perché è appena accaduto che in Germania “una delle più grandi utility del paese, RWE, ha iniziato a smantellare un piccolo parco eolico per fare più spazio all'allargamento della vicina miniera di carbone di Garzweiler”. Un paradosso, rileva, nell’era in cui di più si discute di riduzione delle fonti fossili e di abbattimento dei gas inquinanti.
Il risultato è che il Paese resta diviso tra il suo desiderio di decarbonizzare e la necessità di garantire il proprio approvvigionamento nel bel mezzo di una crisi energetica globale in seguito alla guerra in Ucraina che sembra dettare scelte anche sofferte.
Tuttavia una “delle più inconcepibili è proprio il ritorno al carbone”, chiosa il Paìs, visto che il governo di socialdemocratici, verdi e liberali “ha approvato il riavvio di impianti già dismessi” che avevano finito di bruciare lignite, abbondante nelle regioni minerarie del Reno e della Ruhr. Il risultato è che ora “più della metà dell'elettricità consumata dal Paese è prodotta con il carbone”.
Secondo il quotidiano, “nel bel mezzo di un'emergenza climatica, è sorprendente che un paese come la Germania, nel momento più impegnativo per la transizione energetica, stia emettendo una tale quantità di gas serra”, tanto più “con i Verdi nel governo”.
Le organizzazioni ambientaliste e non pochi esperti avvertono che gli obiettivi ambientali sono in pericolo e che “solo una rapida espansione delle energie rinnovabili consentirà di raggiungerli”. Ma solo i più ottimisti “prevedono che la crisi energetica contribuirà ad accelerare la transizione verso un'economia verde”. Gli ultimi dati sono tutt’altro che incoraggianti.
“Dopo il crollo delle emissioni nel 2020, in coincidenza con la pandemia e il calo della produzione industriale, nel 2021 le emissioni inquinanti sono tornate a crescere del 4,5%”, scrive il Paìs, e “l'aumento maggiore è stato registrato nel settore dell'energia. Molto carbone è stato bruciato per produrre elettricità e la carenza di vento ha reso difficile contribuire alla quota delle rinnovabili. La Germania ha ridotto le sue emissioni del 38,7% dal 1990, secondo i dati ufficiali, ma nonostante ciò “il Paese non sta raggiungendo i suoi obiettivi, che erano del 40% nel 2020”.
“Negli ultimi anni la transizione energetica è stata rallentata o addirittura bloccata dal governo tedesco. Ecco perché dipendiamo così tanto dai combustibili fossili", afferma Juliane Dickel, responsabile della politica energetica e nucleare dell'organizzazione ambientalista Bund, riferendosi ai 16 anni al potere di Angela Merkel. Soluzione possibile? Dickel vede solo il vincolo energetico: le rinnovabili in rapida espansione.
Annota il Paìs: “La Germania ha proposto di essere climaticamente neutrale entro il 2045, cinque anni prima dell'intera Unione Europea. Tra gli obiettivi intermedi c'è la riduzione del 65% delle emissioni (rispetto ai livelli del 1990) nel 2030 e dell'88% nel 2040”. Il Paese ha poi approvato la sua prima legge sul clima nel 2019 e ha dovuto riformarla nel 2021 per ordine della Corte Costituzionale: i magistrati hanno stabilito che l'Esecutivo ha violato i diritti delle prossime generazioni caricandosi sulle spalle la futura responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, mentre gli sforzi attuali sono solo “moderati”.