AGI - Potrebbero essere circa duemila i lavoratori che saranno collocati in cassa integrazione dopo la decisione dell'ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, di sospendere da lunedì prossimo l'attività di 145 imprese appaltatrici nel siderurgico di Taranto.
È solo una stima sindacale per il momento, ma se è vero che si è ancora in attesa di capire quali aziende saranno interessate allo stop, è evidente che i riflessi della fermata saranno su larga scala: manutenzioni, sostituzioni, ricambi, impiantistica, per citare soltanto alcune delle attività che l'ex Ilva affida in appalto. Solo gli investimenti industriali e ambientali sono confermati, precisano fonti vicine al dossier.
Sono quelli che attengono al piano industriale e a quello ambientale, Aia, quest'ultimo da ultimare ad agosto 2023. I sindacati aggiungono che non si fermeranno solo le aziende che effettuano attivita' che l'ex Ilva considera strettamente indispensabili.
Da qualche giorno, per la verità, filtravano dalla fabbrica ipotesi di un'ulteriore stretta da parte dell'azienda, che è poi arrivata in queste ore con la comunicazione via pec spedita alle ditte.
Acciaierie d'Italia non fornisce motivazioni specifiche. Parla di "sopraggiunte e superiori circostanze" che portano alla "necessità di sospendere le attività oggetto degli ordini, nella rispettiva interezza, prevedibilmente sino al 16 gennaio".
Trascorso il termine di lunedi prossimo, alle aziende e al loro personale sarà bloccato l'accesso al siderurgico. Anche i badge degli operai, strisciati ai tornelli delle portinerie per l'ingresso, verranno disattivati. I lavoratori andranno in cassa integrazione anche se quest'ultima è già presente in larga parte dell'indotto ed e' anche in esaurimento, rilevano i sindacati.
A monte, osserva Confindustria Taranto, vi è anche un problema di ordini di lavoro in calo dal siderurgico verso l'esterno, nonché di ritardati o mancati pagamenti per i lavori già eseguiti e fatturati. Confindustria ha parlato di crediti per 100 milioni da parte delle imprese.
La nuova cassa integrazione a cui vanno incontro gli addetti delle imprese d'appalto si aggiunge ad altra cassa gia' in corso: i 3mila diretti della stessa ex Ilva, di cui 2.500 a Taranto (si tratta di cassa straordinaria per un anno sino a marzo 2023), e i 1.600 in carico a Ilva in amministrazione straordinaria.
Quest'ultimi sono lavoratori che ArcelorMittal Italia prima e Acciaierie d'Italia dopo non hanno assunto per cui sono rimasti alle dipendenze della società proprietaria degli impianti (Acciaierie d'Italia è gestore in fitto) e sono in cassa straordinaria dal 2018.
Ma anche la cassa per i diretti Ilva rischia ora di aumentare. La Fim Cisl segnala che i tecnici di stabilimento, finora esclusi, effettueranno due giorni di cig a settimana.
Molto dure le reazioni di parlamentari e sindacati all'ultima mossa di Acciaierie d'Italia. "Il presidente Meloni cacci questi sciacalli senza regole né onore dall'Italia" ha dichiarato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, mentre Uil e Uilm premono perché lunedì prossimo, dopo l'incontro, già programmato da giorni con i parlamentari sull'ex Ilva, si passi alle azioni di protesta. A Taranto si fa largo il convincimento che l'azienda, guidata dall'ad Lucia Morselli, stia premendo con forza per ottenere risorse per la liquidità di Acciaierie d'Italia che da tempo e' ai minimi termini. È in ballo un miliardo del dl Aiuti Bis, affidato a Invitalia, partner pubblico di minoranza del privato Mittal in Acciaierie d'Italia, per interventi sul capitale sociale, più l'altro miliardo, del dl Aiuti ter, per la produzione di acciaio col preridotto, semilavorato che permette di ridurre l'uso di coke e minerali e quindi tagliare le emissioni inquinanti. Anche quest'ultima misura è affidata al coordinamento di Invitalia. "Acciaierie d'Italia smetta di utilizzare come grimaldello i lavoratori e la citta' per battere cassa" dicono Gianni Venturi e Giuseppe Romano di Fiom nazionale e Taranto.
"Acciaierie d'Italia porta all'esasperazione il rapporto con le aziende dell'appalto" afferma l'Usb che conferma il numero di 2mila cassintegrati nell'indotto.
"Riteniamo che le risorse pubbliche non devono servire per pagare i debiti contratti da AdI ma a mettere in sicurezza la fabbrica e per la comunità" aggiunge Franco Rizzo coordinatore Usb. "Da questo momento c'è un'unica strada da percorrere, disinnescare la bomba sociale che si prepara" dicono Piero Pallini e Davide Sperti di Uil e Uilm Taranto.
Mentre per Valerio D'Alò e Biagio Prisciano, di Fim Cisl nazionale e Taranto, "se Acciaierie d'Italia e l'ad Lucia Morselli pensano di utilizzare questa situazione per premere sul governo e cercare di ottenere le risorse del miliardo di euro del dl Aiuti, hanno sbagliato i conti e vedranno l'opposizione del sindacato".