AGI - I mercati attendono i risultati delle elezioni di Midterm negli Stati Uniti che determineranno il controllo del Congresso. Se i repubblicani sembrano aver conquistato la Camera non c'è stata però l''onda rossa' attesa. Il controllo del Senato resta in bilico ma per avere il risultato definitivo si dovrà probabilmente attendere il ballottaggio del 6 dicembre visto che nel seggio della Georgia è da ore testa a testa tra i due afroamericani in corsa.
C'è stato invece uno 'tsunamì rosso in Florida, dove il governatore Desantis è l'uomo nuovo del Gop, destinato probabilmente a sfidare l'ex presidente Donald Trump nella 'corsa' alla nomination repubblicana per il 2024. Wall Street attende con cautela.
Oggi i future appaiono deboli ma ieri sera, durante le votazioni, i listini americani hanno chiuso tutti in netto rialzo con il Dow Jones a +1,02%, il Nasdaq a +0,49% e l'S&P 500 a +0,57%. Secondo gli analisti la vittoria del Gop allontanerebbe la possibilità di un aumento della pressione fiscale e di un'ulteriore espansione della spesa pubblica percepita come potenzialmente inflazionistica.
Valutazioni che impattano però contro le tendenze storiche che mostrano che ogni volta che la Fed era in modalità di rialzo dei tassi l'esito del voto delle elezioni di Midterm non ha influito più di tanto sull'andamento dei mercati azionari, qualsiasi fosse l'esito delle urne.
Altro appuntamento cruciale per i mercati finanziari è quello con il dato di domani sull'inflazione negli States a ottobre. Le speranze degli analisti sono di un dato in rallentamento nella componente generale (dall'8,2% all'8%), mentre quello 'core' (ovvero sui dati depurati dei prezzi dell'energia e dei beni alimentari, in particolare gli affitti, che pesano su circa il 30% del totale) è ancora prevista su livelli elevati (ferma al 6,6%).
A meno di una lettura ben al di sotto delle attese, il dato non dovrebbe modificare il percorso delineato dalla Fed la scorsa settimana, quando la banca centrale ha stabilito che i tassi sono destinati a salire a un picco più alto del previsto, anche se è possibile che già da dicembre vengano considerati aumenti meno aggressivi.
Per quanto riguarda l'Italia è arrivato ieri da Bruxelles il secondo pagamento per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ventuno miliardi di euro per aver raggiunto i 45 obiettivi previsti nel Pnrr per il primo semestre del 2022.
Il premier Giorgia Meloni ha spiegato che sul fronte dell'attuazione del Piano "scontiamo ritardi nella spesa dei fondi del Pnrr". Dalla "cabina di regia" è emerso infatti che al 31 dicembre la spesa era di 21 miliardi di euro, a fronte di 33 previsti dal Def di aprile.
La terza tranche per i pagamenti scade a dicembre e prevede 39 traguardi e 16 obiettivi per ottenere 19 miliardi di euro. La quarta a giugno 2023 richiede il raggiungimento di 20 traguardi e 7 obiettivi e vale 16 miliardi di euro. Nella sostanza, entro la fine dell'anno l'Italia è chiamata a realizzare 22 riforme e 32 investimenti.
Sul fronte geopolitico restano i timori per nuovi rallentamenti dell'economia legati alle politiche di contenimento del Covid in Cina. Qui le autorità non stanno valutando un allentamento delle restrizioni, e domenica è stato registrato il più alto numero di contagi negli ultimi sei mesi.
Intanto nella notte sono usciti i dati sull'inflazione cinese aggiornati al mese di ottobre, numeri che mostrano un rallentamento dei prezzi al consumo di poco ma comunque superiori alle attese (l'indice su base mensile passa dallo 0,3% allo 0,1%, quella annuale di conseguenza da 2,8% al 2,1%).