AGI - La prossima settimana il dato più atteso è, giovedì, la pubblicazione dell’inflazione Usa di ottobre, attesa in rallentamento nella componente generale (dall'8,2% all'8%), mentre quella core è ancora prevista su livelli elevati (ferma al 6,6%).
A meno di una lettura ben al di sotto delle attese, il dato non dovrebbe modificare il percorso delineato dalla Fed la scorsa settimana, quando la banca centrale ha stabilito che i tassi sono destinati a salire a un picco più alto del previsto, anche se è possibile che già da dicembre vengano considerati aumenti meno aggressivi.
Martedì gli americani si recheranno alle urne per le elezioni di mid-term che decideranno il controllo di entrambe le Camere e i governatorati di 36 Stati federali.
I Repubblicani, stando ai sondaggi, sarebbero in vantaggio alla Camera, mentre al Senato l’esito è molto più incerto. Se così fosse, vorrebbe dire che i democratici perderebbero il controllo del Congresso e che la loro azione di politica economica ne risulterebbe fortemente limitata.
Intanto mercoledì scorso il Tesoro Usa non ha annunciato l'atteso piano di buyback su Treasury, che avrebbe dovuto rendere più liquido e meno volatile il mercato obbligazionario.
L'operazione twist, come è stata definita, che consisterebbe nell'emettere titoli di Stato a breve per comprare Treasury a lunga scadenza, con l’obiettivo di frenare il rialzo dei tassi nella parte lunga, avrebbe dovuto essere inserita nel piano di finanziamento trimestrale del Tesoro Usa, e invece è stata rinviata e l'amministrazione Biden ha fatto sapere che quando verrà decisa, sarà preannunciata con un "congruo preavviso".
Attualmente la curva dei rendimenti negli Usa tende sempre più ad invertirsi, con il tasso del 10 anni che è salito al 4,1%, mentre quello del 2 anni si è impennato ancora di più, arrivando al 4,8%.
Sul fronte macro, in Area euro, il calendario sarà piuttosto scarno, con la produzione industriale tedesca di settembre in agenda per lunedì. Negli Usa, oltre all’inflazione, saranno pubblicati alcuni indici di fiducia come quello relativo alle piccole imprese (martedì) e quello calcolato dall’Università del Michigan (venerdì).
Infine, in Cina avremo sia il dato sulla bilancia commerciale (lunedì) che quello sull’inflazione (mercoledì), con quest’ultimo atteso in deciso rallentamento.
Sul fronte delle banche centrali, sono attesi vari interventi di membri Bce e Fed. Domenica in Egitto, nel resort di Sharm El-Sheik sul Mar Rosso, inizia COP27, la prima conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si terrà in Africa tra sei anni. Il vertice si svolgerà all'ombra della guerra in Ucraina, che ha scatenato una crisi globale del cibo e gravi ripercussioni nell'approvvigionamento dell'energia.
“I mercati sono saliti molto a ottobre e ora, nella prima metà di novembre, potrebbero frenare, perché la Fed non gli darà una mano, preferirà tenerli un po’ in tensione – commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – La prossima settimana ci potrà anche essere qualche rimbalzo ma complessivamente penso che i mercati tenderanno più verso il negativo. Sarà interessante osservare il dato sull’inflazione di giovedì.
La Fed di Cleveland stima un 8,10% annuo a ottobre e un 6,6% per il core. Dunque meglio di settembre per il dato generale, e fermo il core. Tuttavia se dovesse esserci un ‘intoppo’ e il dato dell’inflazione dovesse uscire più alto del previsto, i mercati avrebbero un contraccolpo negativo e potrebbero andare incontro a un’altra spurgata”.
“Nella seconda parte di novembre – aggiunge Cesarano - dopo le elezioni di mid-term e con il G20 in Indonesia la situazione potrebbe migliorare. A quel punto Biden e Putin potrebbero incontrarsi e iniziare a parlare e anche Xi Jinping potrebbe dare una mano. Tuttavia fino a quel momento siamo ancora in Purgatorio, non in Paradiso”.