AGI - Le fibrillazioni che accompagnano la creazione del nuovo governo, il totoministri con i nomi di alcuni papabili annotati sul taccuino di Giorgia Meloni, il dibattito sulla possibile riforma istituzionale in senso presidenziale, l'identità fragile e mutevole dei partiti protagonisti della scena politica.
Di questo ed altro hanno discusso nel panel 'Cronache dal giorno dopo', nel corso del 37esimo convegno di Capri dei Giovani di Confindustria, il direttore dell'AGI Mario Sechi, il politologo Roberto D'Alimonte ed il costituzionalista Michele Ainis.
Un dibattito franco, tra posizioni differenti, con i relatori concordi sulla necessità di procedere ad una riforma istituzionale per garantire maggiore stabilità al quadro politico. Prima delle riforme, però, c'è da risolvere il contrasto che si è aperto tra Forza Italia ed FdI con la votazione delle presidenze di Camera e Senato e che si riverbera sulla formazione della lista dei ministri da portare al Colle una volta avviate le consultazioni.
Crisi della rappresentanza e instabilità politica. Quali sono le cause?
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Secondo Sechi la leader di FdI, Giorgia Meloni, premier in pectore, "vuole scegliere i ministri ed ha il sacrosanto diritto di farlo" visto il risultato elettorale. Ma soprattutto: "È finita l'era di Berlusconi come dominus del centrodestra, come ha dimostrato plasticamente l'elezione di La Russa alla presidenza del Senato".
Il direttore dell'AGI si dice convinto che "Giorgia Meloni non farà governicchi, farà il governo che sceglierà di voler fare, se non potrà farlo si tornerà a votare e correrà da sola".
D'Alimonte invece legge la situazione post elettorale alla luce del fatto che: "I partiti sono deboli, abbiamo provato a stabilizzare il sistema con la legge elettorale ma non ci siamo riusciti". Il politologo sottolinea: "La stabilità è una priorità del Paese, servono le riforme, abbiamo stabilizzato gli enti locali a inizio anni Novanta ora bisogna ragionare sulla forma di governo, quella attuale ha funzionato con la Prima Repubblica, ma ora non è piu' adeguata ai tempi attuali".
E propone un sistema istituzionale misto: "Pensiamo a quello dei sindaci, un doppio turno con cui eleggiamo non il presidente della Repubblica ma il premier. Sono disposto anche ad accettare un semipresidenzialismo alla francese". Chiusura netta, invece, sul presidenzialismo: "Non va bene per il nostro Paese".
Di altro avviso Ainis: "Non mi convince il sistema dei Comuni applicato anche al livello nazionale. La stabilità va coniugata con la rappresentatività e il presidenzialismo non è affatto un tabù ma ci sono alcune debolezze del sistema da valutare".
C'è però, secondo il costituzionalista, una "questione di metodo e merito". Perchè, sostiene, "sarebbe assolutamente sbagliato se la maggioranza parlamentare, benchè autosufficiente, non consultasse gli italiani per via, ricordiamo che il 36% non è andato a votare". Poi Ainis auspica: "La via dovrebbe essere eleggere una assemblea di non parlamentari, espressione di associazioni, cittadini e comitati, come fece la Commissione dei 75 nel corso della Costituente, e sulla base delle proposte emerse in quella sede si lavora".
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Per arrivare alle riforme istituzionali servono un governo in carica ed una maggioranza solida. Per Sechi se la Meloni "parte poi va bene", ricordando le variabili in campo: dal "collante" del potere allo stato dell'opposizione.
Per il giornalista: "Tutti stanno sottovalutando Giorgia Meloni, è un Mario Draghi rovesciato. Draghi è nato nel palazzo e fuori dai partiti, Meloni è nata nei partiti e cresciuta fuori dal palazzo. Entrambi hanno una leadership fortissima". Secondo D'Alimonte invece un ipotetico governo Meloni "non durerà" per le differenze interne alla coalizione di centrodestra.