AGI - Ristorante Good Food on Montford, 12 luglio scorso, cena per due, totale del conto: 224,08 dollari. Charlotte, Carolina del Nord, non New York City. Ma il proprietario del ristorante, il signor Bruce Moffett, si è giustificato dicendo che il lievitare dei prezzi e le spese vertiginose l’hanno costretto ad imporre i prezzi che vigono a Manhattan, come per esempio 16 dollari per un piccolo piatto che solo quattro anni fa ne costava 12 o un bicchiere di vino che prima di dollari ne costava 16 e ora è balzato alla modesta cifra di 20 dollari. A raccontarlo è un articolo del New York Times.
Sarà pure la carenza del personale, gli intoppi alla catena dell’approvvigionamento, la crisi energetica, l’inflazione che sale, la guerra in Ucraina, certo è che i prezzi sono balzati alle stelle. Tutto cresce in misura esponenziale.
Cresce il manzo, cresce il maiale, ma Moffett dà la colpa soprattutto alla pressante domanda di lavoratori: “C'è una carenza di conducenti di camion. C'è carenza di persone che lavorano nelle fabbriche. C'è carenza di persone che lavorano nei campi". Però le capesante sono balzate dai 17 dollari del 2019 ai 37 dollari odierni. Un salto del 118% piuttosto ingiustificato. L’olio di canola, ovvero l’olio canadese a basso contenuto di acido, è cresciuto del 159%.
David Ortega, un economista alimentare che insegna alla Michigan State University, fa risalire quegli aumenti in gran parte alla guerra in Ucraina, che ha interrotto il commercio e causato carenze, aumentando i prezzi all'ingrosso del grano negli Stati Uniti. Russia e Ucraina forniscono anche gran parte dell'olio di girasole mondiale, ha affermato, e poiché i prezzi dell'olio di girasole sono aumentati, anche i prezzi degli oli sostitutivi sono aumentati.
E poiché il signor Moffett ha aumentato i prezzi del menu, il suo chef ha tolto sei dei circa 22 piatti dal menu. "Sono preoccupato di ordinare un mucchio di cibo e sedermi su un mucchio di soldi", ha spegato il cuoco Alexander. E i clienti si sono lamentati per il menù ristretto e limitato nelle scelte.
Non c’è prodotto o ingrediente che si salvi dai rincari
A tutto ciò si devono aggiungere anche i costi della manodopera che variano in genere, ma rappresentano da un quinto a un terzo del budget di un medio ristorante. Good Food impiega 23 persone, tra cui uno chef, un sous-chef, sette o otto cuochi di linea e due lavastoviglie. "Sono sempre stata in grado di mantenere il nostro lavoro intorno al 22, 24, 25%" del budget mensile del ristorante di circa 125.000 dollari, ha affermato Elizabeth Tackett, direttore generale. "Stiamo assolutamente spingendo oltre il 30%, senza fine in vista".
Un momento molto difficile per assumere e poter mantenere i dipendenti nel paese di Charlotte in cui il tasso di disoccupazione è al 3,4%, più basso rispetto al tasso nazionale. Lamenta Moffett: "È scoraggiante vedere che ciò che dovrebbe essere il tuo ristorante non è in grado di eseguirlo perché non hai una forza lavoro affidabile".
Da ultimo bisogna aggiungere il costo del gas naturale che serve ad alimentare i sei forni e lo scaldabagno: il salto è vertiginoso ed è dell’85% a partire dal 2019. Così come la bolletta dell’acqua e in generale quella dell’energia.
Il dettaglio dei prezzi delle attrezzature, delle stoviglie e del packaging da asporto è davvero impressionante: l'anno scorso, quando ristoranti come Good Food dipendevano ancora fortemente dagli ordini da asporto, le scatole costavano circa 120 dollari a cassa. "Alcune di quelle cose si sono stabilizzate un po’”. Ma oggi i materiali da asporto sono ancora più costosi rispetto a prima della pandemia. Il prezzo dei guanti di gomma , che vengono utilizzati in tutto il ristorante, è cresciuto dell’88%. Le attività della ristorazione sembrano esser messe a dura prova un po’ ovunque per il mondo. Chi resisterà alla crisi più seria dopo quella pandemica?