AGI - I vini rosati? Sono il fenomeno degli ultimi anni. Con una caratteristica novità: che il rosato “non è più solo un prodotto associato prettamente all’universo femminile ma è una vera e propria icona di lifestyle in grado di conquistare oggi un pubblico più ampio ed eterogeneo”, scrive il numero che precede il Ferragosto del settimanale Tre Bicchieri che fa parte del gruppo Gambero Rosso, numero nel quale si propone un “Viaggio nell’Italia dei rosati”.
Tanto che nel corso dell’ultimo decennio “l’evoluzione in rosa del vino” – osserva il settimanale – è riuscita a ritagliarsi uno spazio sempre più significativo sui mercati, “grazie all’exploit dei vini rosa francesi, capaci di trainare questa evoluzione a livello globale, e con gli Stati Uniti che hanno contribuito notevolmente alla crescita della tipologia” con un +130% nel primo mercato importatore della categoria al mondo, si segnala.
E anche il Made in Italy rosato sta vivendo un momento positivo, anche se non è ancora riuscito a crescere abbastanza rispetto alle proprie potenzialità: al gap “attualmente non colmato con la Francia, in particolare negli Usa dove i rosati d’Oltralpe rappresentano il 50% delle vendite di vini fermi a volume e a valore mentre la quota per l’Italia è di appena il 3,5%”, si legge ancora.
Segnali più incoraggianti, secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini, arrivano invece dal Regno Unito, dove il Prosecco rosa - di fatto introdotto sul mercato lo scorso anno – “ha registrato nel primo semestre del 2022 un venduto di oltre 5 volte superiore rispetto a quello dei vini fermi, complice anche una produzione che nel 2021 ha raggiunto quota 71 milioni di bottiglie contro i 16 milioni del 2020”.
Buone prospettive anche dalla Germania, dove i rosati sono l’unica categoria a segnare un valore in crescita nei primi sei mesi dell’anno.
Rosati, un paese in gran fermento
I vini rosati del Belpaese si trovano pertanto ora a metà del guado e dove in “un contesto dove si registrano passi in avanti non bisogna mollare la presa – sostiene Paolo Castelletti, segretario generale Unione italiana vini – puntando a investimenti volti al miglioramento della qualità strutturale della produzione. In Italia ci troviamo infatti di fronte ad una situazione particolarmente frammentata dove le realtà più strutturate – ad esempio quelle gardesane, pugliesi o abruzzesi – si alternano a una moltitudine di aziende dai volumi irrisori.
Una frammentazione che non aiuta a far fronte alla richiesta crescente della domanda internazionale come si evince dall’analisi dell’offerta tricolore: solo il 2% dei rosati fermi supera il tetto dei 5 milioni di bottiglie, mentre quasi il 75% non riesce a superare le 100mila bottiglie”, conclude Castelletti.
Insomma, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Cirò, Prosecco Doc, Chiaretto di Bardolino, Castel del Monte, Salice Salentino, “l’Italia dei rosati a denominazione è in gran fermento e l’estate 2022 rappresenta il momento più opportuno per consacrare questa tipologia, consumata attualmente in 24 milioni di ettolitri nel mondo, con previsioni di deciso aumento fino al 2035, stando alle stime del +50 per cento rilasciate dall’Osservatorio mondiale dei rosé”, osserva il Tre Bicchieri.
L’offerta italiana di vino rosé è inoltre “estremamente variegata” ed è andata affinandosi col passare del tempo. “I volumi prodotti annualmente si aggirano intorno ai 2 milioni di ettolitri, molti meno rispetto a 10-15 anni fa, ma questo calo va di pari passo col miglioramento qualitativo della proposta enologica” mentre i più importanti Consorzi di tutela, dal Garda alla Puglia, passando per l’Abruzzo, “hanno deciso di investire su vini di qualità più alta”.
E il mercato come ha risposto? Ha premiato questa scelta coraggiosa. “Lo si evince, da un lato, dal fatto che gli analisti internazionali collocano i vini italiani in una fascia di prezzo medioalta. E, da un altro lato, dai numeri che le varie Dop stanno registrando negli ultimi anni”.