AGI - L'euforia che si registrava sui mercati nel 2021 è soltanto un lontano ricordo, perché il primo semestre del 2022 si sta rivelando, dal punto di vista delle piazze finanziarie, come uno dei peggiori della loro storia.
Basti pensare a Wall Street: lo S&P 500 ha perso il 18% dall'inizio dell'anno, un semestre catastrofico paragonabile ai cali registrati nel 1974, dopo il primo shock petrolifero, o nel 1962, anno del crollo del mercato azionario.
Solo nella seconda metà del 2008, nel pieno della crisi finanziaria, e nel periodo della Grande Depressione all'inizio degli anni '30, l'indice aveva registrato un calo maggiore.
Ma la flessione ha colpito anche i mercati azionari europei, con cali di circa il 15%, ad eccezione di Londra, che si è salvata grazie alle sue compagnie petrolifere, salite con i prezzi del petrolio.
In altri termini, un portafoglio tipico secondo gli analisti come Marko Kolanovic, co-responsabile della ricerca di JP Morgan, "è diminuito più che durante la pandemia del 2020 o qualsiasi altra crisi dopo il 2008".
Oltre alle azioni, i prezzi delle obbligazioni sono effettivamente crollati: come riporta Paul Jackson, un investitore che avesse puntato solo sulle obbligazioni avrebbe perso il 9,9% a livello globale e addirittura il 13,5% se si fosse concentrato solo sulle obbligazioni statunitensi.
L'umore dei mercati riflette l'affanno dell'economia globale, colpita dall'inflazione che accelera mese dopo mese, dalle interruzioni delle catene di approvvigionamento globali, dai lockdown in Cina, e ovviamente dalla guerra in Ucraina che ha fatto salire i prezzi dell'energia.
Di fronte a tassi di inflazione record, che superano l'8% negli Stati Uniti e nell'area dell'euro, le istituzioni che garantiscono la stabilità dei prezzi sono costrette ad agire, e in modo molto marcato: quasi tutte le principali banche centrali hanno effettuato, o hanno in programma di effettuare, aumenti significativi dei loro tassi di interesse.
Di conseguenza, anche i tassi dei rendimenti nell'obbligazionario sono aumentati: il tasso sul decennale tedesco, il parametro di riferimento per l'Eurozona, ha registrato un rialzo di 1,80 punti percentuali dall'inizio dell'anno, passando da -0,1% a +1,7%.
Si tratta dell'aumento semestrale più rapido della storia. Anche per il tasso decennale statunitense il rialzo è storico (+1,70 punti percentuali), appena inferiore a quello del 1984 o del 1980.
Di conseguenza, gli analisti si attendono ora anche un calo degli utili da parte delle aziende.