AGI - La parola-chiave di questi anni? È bio, abbreviazione di biologico. Parola magica e tendenza strisciante. Economica e sociale. Un trend in corso da alcuni anni. Quattro, cinque? Diciamo l’ultimo decennio. Per esempio, il Rapporto Bio Bank 2018 – su dati 2013-2017 – affermava che erano 10.001 le attività nel settore biologico censite nel 2017, 9.075 per l’alimentazione e 926 per la cosmesi.
Oggi, il solo Made in Italy a tavola vale invece quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati 4 milioni di lavoratori suddivisi in 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari, oltre 330 mila realtà della ristorazione e 230 mila punti vendita al dettaglio. Insomma, una rete diffusa lungo tutto il territorio nazionale, quotidianamente rifornita per il tramite diretto delle campagne italiane. Ed è record anche nelle esportazioni, con 52 miliardi a fine 2021.
E oggi, tra i principali clienti del nostro Paese a tavola troviamo gli Stati Uniti, che si collocano al secondo posto con un +17%, seguiti dalla Germania (+7%) e dalla Francia stabile al terzo posto (+7%). Alla base del successo del Made in Italy c'è un'agricoltura che è di fatto diventata la più “green” d'Europa, con una leadership Ue tutta nel settore del biologico: 80 mila operatori, 316 Dop/Igp/Stg riconosciute, 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali. Questo, dunque, il quadro generale.
Ma la tendenza al bio sembra tuttavia inarrestabile: basti pensare che in un settore delicato, sensibile e sofisticato come quello enologico è del 51% la quota di italiani che nell’ultimo anno hanno avuto almeno un’occasione di consumo di vino biologico. La rilevazione è dell’ultimo Vinitaly con vendite soprattutto nel canale off-trade (Iper+Super+Lsp+Discount) che nel 2021 hanno raggiunto i 46,5 milioni di euro mettendo a segno un +3,7% rispetto al 2020.
A trainare le vendite di vino bio, secondo dati Nielsen, sono i vini fermi&frizzanti, che, con 40,1 milioni di euro nel 2021, pesano per l'86% sul totale vino bio venduto nel canale retail: +4,5% rispetto al 2020. Bene anche gli acquisti online: +13,4% nel 2021 sul 2020.
A spingere questo settore ci si è messa anche l’emergenza Covid che ha indotto un maggiore desiderio di salute, naturalità, sicurezza nei consumi, ciò che ha prodotto un aumento del 7% di acquisti di prodotti bio soprattutto made in Italy che nel 2021 ha toccato il valore record di 7,5 miliardi di euro fra mercato interno ed esportazioni.
C’è voglia di bio, dunque. Tant’è che a febbraio l’Osservatorio Immagino ha potuto rilevare ben 35 indicazioni “green” leggibili su etiche di oltre 30 mila prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia. Un canale sempre più privilegiato del bio è infatti proprio la Gdo, la Grande distribuzione organizzata, dove quasi due italiani su tre mettono nel proprio carrello prodottti di produzione biologica (64%).
In proporzione crescono anche le superfici coltivate a biologico: secondo i dati del report “The World of Organic Agriculture 2022”, curato dall'Istituto di ricerca sull'agricoltura biologica (FiBL) con il sostegno della Federazione internazionale del settore Ifoam. Per esempio, anche le superfici coltivate con metodo biologico crescono, nell'Ue, di 700mila ettari (+5,3%).
I terreni bio coprono il 9,3% del totale di quelli coltivati nell'Ue. La Francia è il paese che in valore assoluto ha più terra bio: 2,5 milioni di ettari, più di Spagna (2,4 milioni di ettari) e Italia (2,1 milioni). Tra i paesi che hanno aumentato di più le superfici a bio ci sono ancora la Francia, con 307mila ettari in più rispetto al 2019, e l'Italia di 102mila ettari. E tra le economie agricole più importanti dell'Ue, quella nazionale mantiene la percentuale più elevata di superfici bio sul totale, il 16% contro il 10% della Germania e della Spagna, e il 9% della Francia.
L'Italia, infine, mantiene il primato Ue anche per numero di produttori e di trasformatori di alimenti biologici. Tanto che gli Emirati Arabi si sono detti disponibili a pagare di più pur di avere un prodotto bio con la garanzia e la certificazione del Made in Italy, sospinti e sostenuti dalle richieste degli stessi consumatori, secondo una recente analisi realizzata da Nomisma. Infatti, l'11% considera il bio Made in Italy migliore di quello di altri Paesi, prima dell'Italia ci sono solo Arabia Saudita (21%) e Usa (16%). Questo dato si inserisce nel quadro d'insieme che vede gli Emirati Arabi posizionarsi al terzo posto a livello mondiale per crescita prevista del Bio, con tasso medio annuo delle vendite pari al 13,3% per i prossimi 3 anni.
Insomma, a conti fatti l'Italia è il secondo esportatore biologico del mondo e se la batte direttamente con gli Stati Uniti. E il Belpaese è così diventato il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne. Tirando le somme, nell’ultimo decennio le vendite bio totali sono più che raddoppiate (+122%) secondo dati Biobank.
Ora, dopo il varo della legge sul biologico avvenuta lo scorso inizio marzo, il 2022 si prospetta come l’anno della marca del distributore: ovvero, carrello più leggero, ma si punta al benessere con prodotti italiani, del territorio, salutisti e biologici ma si guarda anche agli acquisti con il migliore rapporto tra qualità e prezzo, almeno per arginare la spirale inflattiva, il rincaro dei costi e l’aumento dei prezzi.
Conclusione: se nei primi sei mesi del 2020 il valore del carrello “green” in Italia ha raggiunto quota 10 miliardi euro (+8% rispetto all’anno precedente) e nei primi sei mesi dell’anno successivo, il 2021, il 70% degli italiani ha acquistato prodotti alimentari e bevande di marche attive sul tema della sostenibilità ambientale, il 62% ha orientato la sua scelta verso marche che adottano scelte green credibili e non solo di marketing, il 60% ha acquistato prodotti di brand impegnati nella sostenibilità sociale, l’opinione diffusa è che nei primi sei mesi del 2022 mangeremo prodotti più costosi, in conseguenza della pandemia e poi anche della guerra. Nella consapevolezza, però, che il cibo e la sua qualità sarà sempre più importante nella vita quotidiana. Anche se, per il momento, si tratta di un beneficio non riservato a tutti.