AGI - Il Pil torna a crescere, ma la guerra potrebbe costare all'Italia fino a due punti percentuali nel biennio. Nel giorno in cui l'Istat pubblica i dati sulla cresciuta, il governatore della Banca d'Italia mette in guardia dalle due minacce che incombono: il conflitto in Ucraina e l'inflazione.
"In aprile valutavamo che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare circa due punti percentuali in meno di crescita, complessivamente, per quest'anno e il prossimo. Le stime più recenti delle maggiori organizzazioni internazionali sono simili". si legge nelle 'Considerazioni finali' di Ignazio Visco, secondo cui tuttavia, "non si possono escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in un'interruzione nelle forniture di gas dalla Russia", ha avvertito il numero uno di via Nazionale, "il prodotto potrebbe ridursi nella media del biennio".
Come andrà l'inflazione
L'inflazione resterà a livelli elevati quest'anno a livello globale per poi calare nel 2023, è il quadro tracciato dal governatore della Banca d'Italia. "L'inflazione, che in tutte le economie ha in larga parte riflesso i rialzi dei corsi delle materie prime - ha spiegato Visco - rimarrebbe elevata, per poi calare nel 2023. Questo scenario si basa su ipotesi relativamente favorevoli riguardo ai prezzi e alla disponibilità di beni energetici e alimentari, ipotesi che dipendono strettamente dagli sviluppi del conflitto in Ucraina e dalle conseguenti sanzioni nei confronti della Russia".
Per il numero uno di Bankitalia, "non è trascurabile il rischio che il rallentamento dell'attività, anche per l'evoluzione ancora incerta della pandemia, risulti più marcato". La corsa dell'inflazione rischia di innescare un circolo vizioso tra prezzi e salari: "Il peggioramento delle ragioni di scambio e la perdita di potere d'acquisto - ha osservato Visco - tenderanno a contenere la domanda finale, attenuando la pressione sui prezzi. Non va però trascurato il rischio di un aumento delle aspettative d'inflazione oltre l'obiettivo di medio termine e dell'avvio di una rincorsa tra prezzi e salari".
Al momento, ha spiegato il numero uno di Bankitalia, "le aspettative non si discostano significativamente dal 2 per cento e, a differenza di quanto è avvenuto negli Stati Uniti, la dinamica delle retribuzioni dell'area è sinora rimasta moderata, anche se in alcuni Paesi sono state avanzate richieste di recuperi retributivi di elevata entità. Se queste si risolvessero in aumenti una tantum delle retribuzioni - ha concluso - il rischio di un avvio di un circolo vizioso tra inflazione e crescita salariale sarebbe ridotto".
La tassa ineludibile
"L'aumento dei prezzi delle materie prime importate è una tassa ineludibile per il Paese" è l'avvertimento del governatore, secondo cui "l'azione pubblica può ridistribuirne gli effetti tra famiglie, fattori di produzione, generazioni presenti e future; non può annullarne l'impatto d'insieme".
Per quanto riguarda le famiglie, ha aggiunto il numero uno di Palazzo Koch, "gli interventi calibrati in funzione della loro condizione economica complessiva anziché dei redditi individuali risultano più efficaci nel contrastare le ripercussioni dell'inflazione sulla disuguaglianza. Misure mirate", ha sottolineato il governatore, "consentono, tra l'altro, di meglio preservare il ruolo dei prezzi come incentivo agli investimenti in fonti rinnovabili e al risparmio energetico".
La guerra in Ucraina "ha peggiorato di colpo le prospettive di crescita dell'economia mondiale", già colpita dalla pandemia, aumentando "drasticamente" l'incertezza a livello globale. "La guerra ha peggiorato di colpo le prospettive di crescita dell'economia mondiale - ha osservato il numero uno di via Nazionale - in una fase in cui i danni inferti dalla pandemia non sono ancora del tutto riparati. L'incertezza è drasticamente aumentata a livello globale, investe i pilastri sui quali si basa l'assetto economico e finanziario internazionale emerso dalla fine della Guerra fredda: la convivenza pacifica tra le nazioni, l'integrazione dei mercati, la cooperazione multilaterale".
Cosa dice l'Istat
Nel primo trimestre dell'anno il Pil, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e del 6,2% nei confronti del primo trimestre del 2021. Lo rileva l'Istat spiegando che la crescita congiunturale del Pil diffusa il 29 aprile era stata del -0,2%, mentre quella tendenziale era stata del +5,8%.
La revisione congiunturale di 0,3 punti percentuali, benché di rilievo, osserva l'istituto, "non rappresenta una eccezione assoluta in questo periodo ancora influenzato dalla pandemia, visto che nel primo trimestre del 2021 la revisione al rialzo era stata di 0,5 punti".
"La ripresa è stata determinata soprattutto alla domanda interna e in particolare agli investimenti a fronte di un contributo negativo della domanda estera - osserva l'Istat nel commento - sul piano interno, l'apporto dei consumi privati è stato negativo mentre è risultato nullo sia quello delle amministrazioni pubbliche, sia quello della variazione delle scorte. In buona ripresa anche ore lavorate e unità di lavoro, a fronte di una crescita più lieve dei redditi pro capite e di una stazionarietà delle posizioni lavorative".
La crescita acquisita del Pil per il 2022 è pari al 2,6%.