AGI - Nella giornata di giovedì 19 maggio i mercati tremano. In Asia i listini sono in rosso sulla scia di Wall Street, che ieri ha subito la peggiore perdita dal giugno 2020 e cioè dai primi mesi della pandemia. A far scattare le vendite a pioggia a New York sono stati i deboli risultati di alcuni colossi della grande distribuzione Usa, che hanno alimentato il timore che l’impatto dell'inflazione stia passando ai consumi e che i prolungati problemi nelle catene di approvvigionamento inizino a minare gli utili societari.
A pesare sui mercati è comunque più in generale il perdurare del conflitto in Ucraina, la frenata della locomotiva cinese e le prospettive di un inasprimento delle politiche delle banche centrali, tutti fattori che stanno accelerando il rallentamento dell'economia globale.
Martedì scorso il presidente della Fed Jerome Powell ha dichiarato che la banca centrale statunitense continuerà a "spingere" sugli aumenti dei tassi fino a quando non vedrà l'inflazione scendere, anche a costo di far del male alla crescita economica.
E gli analisti scommettono su aumenti dei tassi da 50 punti base a giugno e luglio e prezzano un'aggressiva stretta a fine anno di almeno il 3% che, come ieri si è avvertito anche a Wall Street, incomincia a impattare sul potere d'acquisto, sui consumi e sui risultati della grande distribuzione.
In Asia Tokyo arretra di oltre uno punto e mezzo percentuale, Hong Kong arretra di oltre il 3% e poi recupera e Shanghai è piatta. A Wall Street i future sono in leggero rialzo, dopo che il Dow Jones ha archiviato la terza seduta settimanale in perdita e il Nasdaq si è schiantato del 4,73%. Nel Vecchio Continente i future sull’EuroStoxx 50 calano, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso in negativo.
L'euro è in flessione sul filo di 1,05 dollari. A rafforzare il biglietto verde, che sale sullo yen ma scende sul franco svizzero, sono stati i toni da "falco" di Powell. Oggi c'è attesa per i dati Usa sui sussidi settimanali di disoccupazione e domani Joe Biden parte per il suo primo viaggio in Asia che durerà 4 giorni e prevede tappe in Giappone e Sud Corea.
Crollano i big della grande distribuzione
A far scattare la luce rossa a Wall Street sono stati i tracolli dei big della grande distribuzione e quindi il segnale concreto che gli americani comincino a spendere di meno. I titoli di Target, l'ottavo rivenditore al dettaglio Usa, sono crollati del 24,87% dopo che l'utile del primo trimestre si è dimezzato a causa dei costi del carburante e dei trasporti.
Male anche gli altri big del settore come Walmart (-6,84%), Gap (-9,91%), Costco (-12,45%), Macy's (-10,68%). Bagno di sangue sul Nasdaq dove Intel ha perso il 4,62%, mentre Apple e Amazon sono crollate di oltre il 5%. La fuga dalle attività rischiose ha innescato gli acquisti di beni rifugio più sicuri come i Treasury e il conseguente calo dei loro rendimenti, scesi al 2,9%.
Male anche il petrolio, che oggi in Asia rimbalza ma ieri al Nymex ha chiuso in calo: il Wti ha perso il 2,50%, imitato dal Brent. Le scorte settimanali di greggio negli Stati Uniti sono calate a sorpresa di 3,394 milioni di barili rispetto alla scorsa settimana, riporta l'Eia ricordando che la scorsa settimana erano aumentate di 8,4 milioni di barili. E questo inaspettato calo non è un buon segnale in vista dell’inizio della ‘driven season’, che negli Usa inizia il 30 maggio.
In Cina le banche d'investimento tagliano l'outlook 2022
Alcune grandi banche d'investimento Usa tagliano il loro outlook sulla crescita del Pil cinese quest'anno. Standard Chartered ha ridotto la sua previsione di crescita 2022 per la Cina, abbassandola al 4,1% dal 5% per riflettere una contrazione economica nel mese di aprile legata ai perduranti lockdown. "A nostro parere - si legge in una nota - la qualità della crescita a breve termine sarà influenzata negativamente". Anche gli analisti di Goldman Sachs hanno abbassato la loro previsione di crescita al 4% dal precedente 4,5%, citando i danni all'economia causati dai contagi nel secondo trimestre.
Rialzo dei prezzi in Gran Bretagna, al top da oltre 40 anni
Picco da 40 anni dell'inflazione nel Regno unito ad aprile. I prezzi al consumo salgono del 9% annuo, dal 7% di marzo, a causa dell'impennata dei costi energetici. Si tratta del livello più alto tra i paesi del G7. Su base mensile l'incremento è del 2,5%.