AGI - Rabbia, disperazione e orgoglio. E la promessa di non mollare per difendere un lavoro che è più di un lavoro e che per molti significa oltre 20 anni di vita. "Il dramma è che ci rimangono solo quattro giorni e poi ci licenziano, la procedura è già partita e di fatto a Roma non è stato convocato nessun tavolo": è lo sfogo affidato ad AGI da Rossella, 43 anni, di cui 21 trascorsi in Almaviva dove ha incontrato suo marito, anche lui al momento in cassa integrazione.
I lavoratori Covisian hanno occupato la sede del call center di via Ugo La Malfa per rivendicare l'immediata riapertura del tavolo di confronto tra sindacato, governo, Ita e la società di call center per scongiurare i licenziamenti di 543 persone. A rischio i 221 di Covisian assunti nemmeno sei mesi fa e che in assenza di un intervento decisivo potrebbero rimanere a casa dall'1 maggio, nel giorno della festa del lavoro; e i 322 di Almaviva in cassa integrazione.
Tra i nodi da sciogliere, quello legato al mancato rispetto della clausola sociale siglata il 21 ottobre, con Ita che non si è presentata all'ultima riunione al ministero del Lavoro. I lavoratori contestano i loro interlocutori, "vista la totale assenza di Ita e l'incapacità del governo di portare la stessa al Tavolo di confronto". Così avvertono: "Le azioni di lotta per la difesa dei posti di lavoro nel nostro territorio continueranno fino a quando non si raggiungerà una soluzione definitiva alla vertenza che metta in sicurezza il futuro dei lavoratori".
Appena sei mesi fa l'annuncio carico di speranze del passaggio in Covisian, oggi la doccia fredda: "Questa vertenza ha un degli aspetti poco chiari ed è stata gestita al massimo ribasso", aggiunge Rossella, che prosegue: "Abbiamo firmato il contratto, infatti, nonostante una decurtazione dello stipendio del 30 per cento e il congelamento degli scatti".
Un sacrificio accettato solo per garantire il perimetro occupazionale di tutti i colleghi, ma "nel giro di sei mesi 543 lavoratori sono stati usati come macelleria sociale". E prosegue con amarezza: "Ho iniziato come operatrice e nel tempo sono cresciuta di ruolo con un lavoro decoroso, almeno così credevo, mentre ora io e mio marito con due bambine piccole di 6 e 7 anni non sappiamo cosa ci riserva il futuro".
I lavoratori hanno scritto al Capo dello Stato: "Carissimo Presidente Mattarella, siamo i 543 lavoratori del call center ex Alitalia. Ci rivolgiamo a Lei, quale organo garante della nostra Costituzione, quale uomo del Sud, fiero delle sue origini ed espressione della giustizia. La invitiamo a lottare con noi e per noi affinché lo Stato non rinneghi lo Stato"
"Non è possibile che Ita continui a sfilarsi, un'azienda partecipata al cento per cento dello Stato - afferma Massimiliano Fiduccia, coordinatore regionale Slc Cgil - noi vogliamo comprendere le reali responsabilità del mancato accordo commerciale. La protesta continuerà fino a quando non riparte il tavolo attualmente sospeso".
Non c'è più tempo. "Il governo deve immediatamente convocare tutte le parti al tavolo obbligando al rispetto degli accordi sottoscritti il 21 ottobre 2021 in sede ministeriale tra sindacato e Covisian - dice Francesco Assisi, segretario generale della Fistel Cisl Sicilia - Palermo non si può permettere di perdere un solo posto di lavoro, e a oggi ci sono 543 licenziamenti in atto, nessuno può giocare con il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie".
Per Tania D'Agostino, segretario organizzativo della Fistel Cisl Sicilia, "chiunque si sentirà autorizzato a non rispettare le leggi dello Stato e i contratti collettivi che regolano il lavoro e garantiscono la continuità lavorativa, creando solo disperazione e disoccupazione considerando che solo in Sicilia il settore coinvolge più di 15 mila famiglie. Per più di 20 anni con grande senso di responsabilità e dedizione questi lavoratori contribuiscono a creare valore per il nostro Paese".
Una frustrazione e una determinazione che risuonano anche nelle parole di Viviana, 44 anni e anche lei dal 2001 impiegata nella commessa Alitalia. "La mia - dice ad AGI con orgoglio - può sembrare una voce fuori dal coro, ma io amo questo lavoro e mi fa sentire felice. Ho tre figli, dai 10 e i 15 anni, ma senza mi sentirei perduta e lo faccio con grande passione e dedizione".
"In questi anni ho visto crescere tante professionalità e oggi sarebbe doloroso non dedicarle a questa azienda. Infatti, quando ho saputo che da maggio saremmo rimasti a casa, ho deciso - insiste Viviana - che avrei dato il meglio di me stessa fino all'ultimo giorno come l'orchestra del Titanic".