AGI - Allarme vetro per le industrie vitivinicole italiane. Forniture a rischio e prezzi in crescita. Pesano la crisi globale e l'aumento dei costi energetici, nonché una eccessiva dipendenza di prodotto finito dall’estero: il 2022 non sarà un anno facile per gli approvvigionamenti di materia prima per l’intera industria vitivinicola che la richiede in maniera massiccia.
L’Sos arriva dalle più importanti associazioni di settore come Federvini, Unione italiana vini e Alleanza cooperative, che hanno ribadito - anche al recente Vinitaly – il rischio di una situazione che vede i rincari dell’energia unirsi a una crisi logistica, ciò che potrebbe riverberarsi negativamente sulla competitività del settore.
Tra i principali imputati c’è proprio l’industria del vetro, che risulta essere una voce economica non indifferente, e che, da un lato, ha dovuto fronteggiare con maggiori importazioni (anche da Russia e Ucraina) la forte richiesta di bottiglie di vino il cui mercato è progressivamente cresciuto tra 2016 e 2021 - se si esclude la brusca frenata del 2020 - e, dall’altro lato, ha dovuto tamponare gli effetti dell’aumento dei costi dell’energia (soprattutto il gas per far funzionare i forni) attraverso un ritocco al rialzo dei listini.
Col 45% delle quote a volume, il settore vitivinicolo è a tutti gli effetti tra i principali vettori del segmento industriale del vetro cavo, che vanta una produzione di oltre 5 milioni di tonnellate - in continua e costante crescita dai 4 mln del 2016 – per un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro. A spingere è, in particolare, la voce spumanti.
Il 2021, secondo stime di Assovetro, dovrebbe chiudere con un +8% sul 2020. Entro il 2024, la catena di approvvigionamento sarà rafforzata, grazie a cinque nuovi forni di fusione e a investimenti per 400 milioni di euro, che garantiranno un incremento di 500mila tonnellate annue di packaging in vetro. L’Italia avrà una capacità produttiva pari al 12% in più rispetto ai volumi attuali e dovrebbe essere in grado di fronteggiare con risorse proprie le congiunture negative.
Insomma, produrre vetro costa di più e i rincari andranno distribuiti su tutta la filiera, dal produttore al consumatore. Tuttavia, per evitare un pericoloso muro contro muro col mondo vitivinicolo che necessità di questa materia, l’Assovetro lancia un appello al confronto: “Il vino è un fiore all’occhiello dell’agroalimentare e riveste un ruolo importante nel primato dell’Italia nella produzione di vetro cavo”, si legge in una nota mentre in un’intervista al settimanale “Tre Bicchieri” il presidente dell’associazione, Marco Ravasi, sostiene “che il Governo debba fare uno sforzo ulteriore per difendere tutto il settore. Per questo, è necessaria l’apertura di un tavolo tra Governo, federazioni del settore vino, grande distribuzione e industria del vetro”.
Nel comparto del vetro sono attive in Italia 14 aziende con 39 stabilimenti che producono packaging in vetro, 27 sono a nord, 7 al centro e 5 al sud e contano 7.800 addetti per un fatturato annuo, come già detto, di 2,4 milioni di euro. Le previsioni dell’industria del vetro italiana, tra 2020 e 2024, mostrano un trend in crescita, considerando che si creeranno 500 posti di lavoro, grazie alla messa in opera di ulteriori 5 forni di fusione sulla base di un investimento consistente, pari a 400 milioni di euro.
Nel frattempo, i clienti del settore food&beverage hanno importato circa un milione di tonnellate di vetro, principalmente da Turchia, Portogallo, Ucraina e Russia. Ma ora che Ucraina e Russia si sono fermate a causa della guerra le bottiglie cominciano a scarseggiare.