AGI - L'emergenza cereali creata dalla guerra in Ucraina dovrebbe portare a un aumento delle aree coltivabili in Europa di circa 4 milioni di ettari, 200m mila dei quali in Italia. Se ne dovrebbero ricavare 15 milioni di quintali di cereali che comunque non basterebbero a soddisfare il fabbisogno dell'Italia che importa metà del mais che consuma, un terzo del grano duro che serve per la produzione della pasta e due teriz del grano duro destinati alla panificazione.
Dopo la richiesta del pagamento in rubli del gas, dalla Russia arriva anche lo stop alle forniture del proprio grano ai Paesi "non amici" come l'Italia che lo scorso anno ha importato dal Paese di Putin circa 153 milioni di chili di grano, dei quali 96 milioni di chili di tenero per la panificazione e 57 milioni di chili di duro per la produzione di pasta.
È quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sui dati Istat sugli effetti della minaccia del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente e primo ministro della Russia Dmitry Medvedev di voler esportare il grano solo ai paesi amici "che non sono in Europa o in Nord America".
La Russia - sottolinea la Coldiretti - è diventato il principale esportatore mondiale di grano ma la dipendenza dell'Italia risulta limitata con appena il 2,3% del totale del grano importato dall'estero, tra duro e tenero. A preoccupare l'Italia sono soprattutto le difficoltà nelle semine primaverili di cereali in Ucraina che saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all'invasione della Russia che sta bloccando anche le spedizioni dai porti del Mar Nero.
Si tratta di un taglio significativo anche alla luce delle difficoltà del commercio internazionale di materie prime agricole in una situazione in cui molti Paesi stanno adottato misure protezionistiche, bloccando le esportazioni. Se è vero che dall'Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di chili, va segnalato che arriva anche ben il 13% delle importazioni di mais destinato all'alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di chili.
L'Italia peraltro importa circa la metà del mais di cui ha bisogno per oltre 6 milioni di tonnellate provenienti prevalentemente da Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate), Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e appunto Ucraina (770 mila tonnellate), secondo lo studio Divulga. Va tuttavia segnalato che tra pochi mesi inizierà la raccolta del grano seminato in autunno in Italia dove secondo l'Istat si stimano 500.596 ettari a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superficie del grano duro risulta in leggera flessione dell'1,4% per un totale di 1.211.304 ettari anche se su questa prima analisi pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato al rialzo.
Positiva è anche la notizia della prima spedizione di migliaia di tonnellate di mais dall'Ucraina attraverso il treno diretto ai confini ovest con i porti del Paese che rimangono bloccati a causa dell'invasione russa. "In questo contesto è importante il via libera dell'Unione Europea alla semina in Italia di altri 200 mila ettari di terreno per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, necessari per ridurre la dipendenza dall'estero" afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini per il quale "si tratta di un quantitativo che nel medio periodo può aumentare di almeno cinque volte con la messa a coltura di un milione di ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività, per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccita' che va combattuta con investimenti strutturali per realizzare piccoli invasi che consentano di conservare e ridistribuire l'acqua".