AGI - Nella seconda metà del 2021 il 16% delle imprese con più di 3 addetti ha fatto ricorso a misure quali la Cassa integrazione guadagni (Cig) o altre equivalenti quali il Fondo integrazione salariale (Fis). Come atteso, l'utilizzo di tali strumenti è risultato molto meno diffuso rispetto al 2020: nella fase di sospensione dell'attività produttiva durante il primo lockdown, ovvero a marzo 2020, oltre il 70% delle imprese vi aveva fatto ricorso e alla fine dell'anno l'incidenza risultava pari al 42%.
Lo afferma l'Istat nella terza edizione della rilevazione speciale "Situazione e prospettive delle imprese dopo l'emergenza sanitaria Covid-19", che aggiorna le informazioni raccolte nelle precedenti edizioni misurando comportamenti e strategie delle imprese a quasi due anni dall'inizio della pandemia.
Come nel 2020 - spiega l'Istat - anche a giugno 2021 sono state le imprese più grandi a utilizzare più frequentemente questo tipo di strumento (21%), contro il 17,3% delle medie, il 16,9% delle piccole (10-49 addetti) e il 15,7% delle micro-imprese.
A livello settoriale, l'utilizzo della Cig è risultato più frequente nelle imprese degli altri servizi (17,6% delle imprese) e dell'industria in senso stretto (16,8%) e piu' contenuto in quelle del comparto delle costruzioni (9,0%). In particolare, la maggiore diffusione ha riguardato alcune attivita' economiche ancora penalizzate dalla crisi, quali le attività dei servizi di agenzie di viaggio, tour operator, servizi di prenotazione e attività connesse (74,6%), attività artistiche, sportive e di intrattenimento (33,9%) e, per quel che riguarda la manifattura, nelle unità dell'abbigliamento (42,9%) e delle calzature (44,2%).
Le imprese delle costruzioni e, in misura di poco inferiore, dell'industria in senso stretto, hanno inoltre mostrato una maggiore propensione all'aumento del personale a tempo determinato o indeterminato, rispettivamente il 12,2 e il 12,8%.
Negli stessi comparti - si legge ancora nel report dell'Istat - la quota di chi ha dichiarato di averlo ridotto è molto più bassa (5,8% nelle costruzioni e 6,5% nell'industria) mentre la riduzione delle ore lavorate ha riguardato appena il 3,7% delle imprese del settore edilizio.
La diffusione di politiche di aumento del personale è stata significativa in tutte le classi dimensionali di tali comparti ma è risultata maggiore tra le imprese di medie dimensioni (più del 20%). All'opposto, le scelte di ridimensionamento del personale e/o delle ore lavorate sono state decisamente più frequenti tra le imprese degli altri servizi.
Quelle del commercio hanno presentato una propensione relativamente bassa sia all'aumento sia alla riduzione del personale. L'indagine che misura i comportamenti e le strategie delle imprese a quasi due anni dall'inizio della pandemia - tiene a precisare l'Istat - è stata condotta a fine autunno, in una fase in cui la curva dei contagi era ancora contenuta e non erano state ancora annunciate nuove misure di contrasto all'epidemia potenzialmente rilevanti per le scelte delle imprese.