AGI - Non accenna a raffreddarsi l'inflazione negli Stati Uniti. A dicembre l'indice dei prezzi al consumo è cresciuto del 7% su base annua, dopo il +6,8% segnato a novembre. Il dato, in linea con le attese degli analisti, è il piu' alto da giugno 1982. Su base mensile il costo della vita cresce invece dello 0,5%, in frenata rispetto al +0,8% del mese precedente, ma oltre il previsto +0,4%. Corre anche l'indice 'core', quello depurato dall'andamento dei beni alimentari ed energetici. La lettura segna un aumento del 5,5% su base tendenziale, in forte accelerazione rispetto al +4,9% di novembre e sopra il +5,4% del consenso di mercato. Si tratta del livello più alto dal febbraio 1991. Su base mensile, l'incremento si colloca allo 0,6%, contro il +0,5% di novembre.
L'andamento del costo vita continua dunque a pesare sulle tasche degli americani e sul tasso di approvazione del presidente Joe Biden. Ma soprattutto segna un ulteriore punto a favore di chi, dentro la Federal Reserve, ritiene sia arrivato il momento di invertire la politica monetaria e di cominciare ad alzare i tassi d'interesse. Una posizione rafforzata anche dagli ultimi numeri registrati dal mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione sceso al 3,9%, al minimo da 22 mesi, a indicare che la locomotiva a stelle e strisce è ormai vicina al livello di massima occupazione.
Il mercato monetario stima ormai all'85% la possibilità di un primo ritocco dei tassi di riferimento federali già a marzo, per un aumento totale del costo del denaro dello 0,75% entro la fine del 2022. Gli economisti ritengono comunque che l'inflazione abbia toccato a dicembre il suo picco o, al massimo, lo raggiungerà entro il primo trimestre dell'anno. I colli di bottiglia nelle forniture mostrano segni di miglioramento, anche se la diffusione della variante Omicron del coronavirus resta un'incognita per i prossimi mesi.