AGI - Dicembre si conferma il mese più importante dell'anno per i consumi. Quest'anno, stima l'Ufficio studi Confcommercio, si attesteranno a circa 110 miliardi di euro, in leggera crescita rispetto al 2020 caratterizzato dal lockdown ma ancora sotto di 10 miliardi rispetto al 2019 pre-Covid.
A preoccupare tuttavia è il calo del clima di fiducia delle famiglie: la forte ripresa dell'inflazione e i rincari delle bollette, avverte lo studio, rischiano di ridurre la quota di tredicesima tradizionalmente destinata alla spesa per i regali di Natale che quest'anno si confermerà intorno ai 160 euro pro capite sostanzialmente in linea con l'anno scorso. Considerando anche i consumi di chi non incasserà la tredicesima, cioè l'area del lavoro autonomo, complessivamente la spesa media per famiglia a dicembre - inclusi affitti, bollette e utenze - si posiziona a 1.645 euro, lo 0,5% in più rispetto all'anno scorso, ma ancora molto al di sotto rispetto al 2019 (-7,5%).
Per le sole spese commercializzabili (beni e servizi) cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti, la stima è di 76 miliardi. Nel 2020, questa spesa, fortemente correlata al benessere economico delle famiglie, era scesa a circa 66 miliardi di euro correnti. Al di là della situazione sanitaria, avverte Confcommercio, qualche spunto di preoccupazione emerge tuttavia dal versante economico. A novembre, il clima di fiducia delle famiglie, pur attestandosi a livelli storicamente elevati, ha ripiegato per il secondo mese consecutivo.
A rischio le spese di Natale
Questa situazione, se confermata nei prossimi mesi, sottolinea il rapporto, rischia di avere ripercussioni nella parte iniziale del 2022 oltre che comprimere, seppure marginalmente, le spese di dicembre e per i regali di Natale.
Il deterioramento, spiega l'ufficio studi, è correlato in buona parte al riemergere dell'inflazione la quale, per la parte inattesa, cioè quella eccedente l'1,5%-2%, potrebbe comprimere il potere d'acquisto delle famiglie, riverberandosi principalmente in una contrazione degli acquisti di beni e servizi commercializzabili. Infatti, la ripresa dell'inflazione sta colpendo in prevalenza e almeno per adesso, quei beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare, cioè i cosiddetti consumi obbligati.
Nell'arco di dodici mesi si è passati da un contesto di deflazione a una variazione dei prezzi al consumo superiore al 3% (3,8% a novembre 2021). Il nuovo scenario non ha intaccato orientamenti e propensioni delle famiglie fino a modificarne i comportamenti, ma il suo protrarsi non potrà non incidere sulle scelte di consumo.