AGI - La promessa era quella di avere più canali con un segnale migliore, ma il passaggio al nuovo digitale terrestre in Sardegna, l'unica regione d'Italia ad aver terminato lo switch-off, per ora ha portato soprattutto rinunce da parte di emittenti locali storiche, a causa dagli alti costi, oltre a un'interrogazione parlamentare dei Cinquestelle.
E quello che sta accadendo in Sardegna potrebbe verificarsi, tra pochi giorni, anche in altre regioni: il 3 gennaio 2022 scatterà ad esempio lo switch-off per Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il passaggio al nuovo digitale terrestre, il cosiddetto T2, è imposto dall'Europa per liberare parte della banda a 700MHz al traffico mobile 5G.
I canali televisivi avranno un segnale più nitido e stabile, ma molte emittenti locali saranno costrette a chiudere perché la transizione ha fatto lievitare i costi di trasmissione. Il T2 prevede due livelli: il primo riguarda la messa in onda su tutta la regione, con costi complessivi di oltre settantantamila euro l'anno; il secondo, economicamente più sostenibile, è destinato alla trasmissione su territorio provinciale.
Il corto circuito è nato dal fatto che tale livello, in Sardegna, è stato previsto solo per la provincia di Nuoro e Ogliastra; le emittenti delle altre province devono giocoforza adattarsi ai costi della trasmissione su tutta la regione, anche se hanno un bacino ridotto. Per questo otto sono state costrette a gettare la spugna: Teleradiomaristella, Canale Gallura, Videolina 4, Gallura Tv, Telegolfo Sardegna, Gallura Channel, Sardegna 2 e Isola Tv.
Tra le emittenti a cui invece è stato il MISE a spegnere il segnale c'è Super Tv di Oristano, rete comunitaria nata nel 1985 che ora prosegue online. Non il massimo per una tv di servizio pubblico strettamente legata al suo territorio, con un pubblico prevalentemente anziano e poco avvezzo al web.
Per Super TV la corsa si è arrestata prima di partire: la sua domanda di partecipazione al bando per l'assegnazione delle nuove frequenze è infatti stata bocciata dal Ministero per lo sviluppo economico a causa di un errore formale legato alla denominazione della rete.
Una banalità facilmente correggibile, ma che è costata l'esclusione. "Lo stesso MISE ha riconosciuto la nostra buona fede e la presenza dei requisiti", dichiara il direttore di rete Gianni Ledda, che si batte per la riammissione in graduatoria, "probabilmente i tempi troppo stretti dell'operazione non hanno permesso ai funzionari di chiederci le adeguate correzioni".
Pochi giorni fa, il ministero ha chiesto all'emittente di attendere la seconda fase, in cui le frequenze lasciate libere dai rinunciatati saranno riassegnate. E anche a quel punto non c'è certezza di poter accettare: se non verrà aperto il secondo livello di trasmissione su tutte le province, sarà infatti impossibile per Super TV, che al momento paga dodicimila euro l'anno, sobbarcarsi i nuovi costi di trasmissione regionali.
Un nodo che è approdato in Parlamento con un'interrogazione del parlamentare del Movimento Cinquestelle Alberto Manca "per chiedere soluzioni in sostegno delle piccole emittenti locali". Con tutta probabilità, per una decisione si dovrà pero' attendere fino al 2022, dopo la manovra di bilancio.
"Ma le interlocuzioni con la direzione tecnica del MISE, che ha già mostrato disponibilità a risolvere la vicenda, sono settimanali", assicura Manca. Ma perché non prevedere un livello due di trasmissione in tutta l'isola? Una risposta, fornita direttamente dal Mise, ce l'ha Gianni Ledda: "Per accordi internazionali, non bisogna disturbare con interferenze i segnali di Francia, Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino". Una risposta che suona come un monito per le emittenti delle altre regioni d'Italia, quasi tutte ben più vicine a questi tre Paesi rispetto all'isola.