AGI - I documenti ufficiali dei governi "non hanno mai centrato" gli obiettivi indicati sui conti pubblici. Ne è convinto Maurizio Mazziero, fondatore della Mazziero Research, società di ricerca finanziaria indipendente che pubblica osservatori trimestrali sui conti pubblici.
"I governi che si sono succeduti non hanno mai centrato le previsioni ma è anche difficile riuscirci - spiega all'AGI Mazziero, a poche ore dal varo della Nota di aggiornamento al Def - Oggi per un governo è difficile centrare l'obiettivo perché le variabili sono tante, nel passato le chance c’erano ma non è mai successo. Io ho un simpatico grafico che lo dimostra, con le varie stime debito/pil nei vari Def: non ce n'è una che sia stata centrata". In particolare, sottolinea, "quello che si vede è che ogni governo, a partire dal 2010, ha sempre detto che non riusciva a diminuire il debito nell'anno in corso ma lo avrebbe fatto l'anno successivo, e puntualmente il debito è aumentato".
Secondo l'analista è necessario quindi mantenere una certa cautela nelle previsioni, anche perché a complicare ulteriormente il quadro è la pandemia. “Nel nostro ultimo osservatorio abbiamo mantenuto la stima di crescita al 5,7% per l’anno in corso - prosegue Mazziero – e pur avendo portato per primi la previsione sopra al +5%, a fronte del +4,5% indicato dal governo nel Def, ora ci troviamo indietro rispetto ad altri istituti di ricerca. Manteniamo una stima annua del 5,7% perché in questo momento vogliamo mantenere una certa cautela sui livelli dei consumi nel quarto trimestre. C’è una previsione di aumento delle bollette che il governo sta cercando di sterilizzare ma che non riuscirà a sterilizzare completamente. Questo – osserva l’analista – insieme alla possibilità che con il clima più freddo ci possa essere una leggera ripresa dei contagi, ci induce a essere più cauti. Non è escluso che la fiducia dei consumatori e delle imprese si indebolisca un po’ nel periodo natalizio, e quindi alla fine non si riesca effettivamente a raggiungere il 6%”.
Per Mazziero, “molto dipenderà da una serie di fattori, ad esempio il ritorno al lavoro in presenza di dipendenti pubblici e privati”. “C’è tutta una parte di settori che non hanno recuperato i livelli di attività che avevano prima della pandemia, come servizi, bar e ristorazione che sono rimasti al palo – sottolinea l’analista finanziario - noi siamo al di sotto dei livelli pre-pandemici di circa un 2-2,5%, se riuscissimo a colmare questo gap si avrebbe una forte spinta sul Pil che potrebbe crescere ulteriormente di circa il 2% su base annua, dopo 12 mesi dal rientro al lavoro”.
L'analista esprime cautela anche sui livelli di deficit e debito. “La ripresa è forte e avremo una buona riduzione del rapporto debito/Pil che dovrebbe però rimanere sopra al 150%. Quanto al deficit – prosegue - diventa difficile stabilire oggi una stima corretta. Presumo che si attesterà intorno al 10% ma ci sono tante incognite”.
E sugli spazi finanziari che si apriranno l’analista mette in guardia: “Non si può ancora per molto tenere l’acceleratore premuto sulle misure sostegno, non è questa la strada. Penso che sicuramente una parte delle risorse dovranno essere impiegate per evitare un aumento di tassazione. Circa 3-4 miliardi serviranno per sterilizzare una parte dell’aumento delle bollette, ma non conviene spingere troppo sul deficit. Abbiamo comunque tanti fondi che provengono dall’anticipo del Pnrr, risorse che andranno a rimpolpare il debito ma che dovrebbero già indicare qualche impiego, e quindi sostenere il Pil”.
Per Mazziero, “la vera sfida sarà però nel 2022. Finché siamo sul 6% è un rimbalzo – spiega - perché con una caduta dell’8,9% nel 2020 non stiamo nemmeno raggiungendo i livelli pre-pandemia. Qundi cruciale sarà il 2022, soprattutto per le misure che si metteranno in atto con il Pnrr. Gli investimenti devono partire, altrimenti rischiamo l’anno prossimo di dover scendere a una crescita del 5%, poi nel 2023 al 2,5% e nel 2024 -2025 torniamo a una crescita dello ‘zero virgola’ a cui eravamo abituati qualche anno fa".
Per il 2022, conclude l’analista, “stimiamo una crescita tra il 4,5% e il 5% allo stadio attuale, poi vedremo quanto riusciranno a mettere in moto gli investimenti del Pnrr. Gli investimenti che possono davvero incidere sono quelli in grandi opere perché l’ammodernamento infrastrutturale del Paese può far crescere il Pil, ma sappiamo anche che le grandi opere hanno sempre avuto gestazioni molto lunghe. Se si riuscirà a mettere in moto opere infrastrutturali la crescita si attesterà intorno al 5% altrimenti si fermerà al 4,5%”.