AGI - È il momento di scommettere sulla riscossa italiana. Ne è convinto Luca Paolazzi, economista, advisor di Ceresio investors, dall'ottobre 2007 al febbraio 2018 direttore del Centro Studi Confindustria. Diversi i motivi per cui ritiene che il Paese possa risalire la china: "Il primo - spiega all'AGI - è questo governo: è costretto a fare le riforme strutturali che da anni ci vengono chieste dagli organismi internazionali e dai partner europei, e che ora sono indispensabili per ricevere i fondi del Recovery Plan. Ma soprattutto è in grado di creare le condizioni di stabilità politica. È un esecutivo che sa assumersi la responsabilità di prendere decisioni non facili, anche non condivise, con l'unico fine del bene comune. I principali componenti del governo non hanno ambizione politica, non partecipano alle battaglie di una campagna elettorale permanente come avvenuto in passato. Il Cdm è il luogo dove vengono prese le decisioni".
Secondo Paolazzi, l'economia e la società italiane per lasciarsi alle spalle la tripla B sui titoli sovrani, "devono passare per la tripla P: Pazienza, Persistenza e Prudenza delle politiche, economiche e non".
Il Paese - sottolinea - può in questa fase far leva sui tradizionali punti forza: è la seconda potenza manifatturiera europa e la settima nel mondo, per popolazione è 23esima, con un'industria che si è evoluta verso prodotti più sofisticati, a maggiore valore aggiunto, vocata all'export non solo nei settori 'food and fashion', ma anche in meccanica, meccatronica, chimica, farmaceutica. Inoltre, ha una elevata capacità di risparmio, testimoniata dal saldo delle partite correnti, attivo da molti anni; "siamo diventati - sottolinea - creditori netti del 5% del Pil mentre nel 2008 eravamo sotto di 23 punti. Insomma, il Paese sta finanziando, con il suo risparmio, il resto del mondo, siamo le formiche che finanziano le cicale".
Ma un altro elemento da non sottovalutare è "la forte capacità degli italiani di sopportare sacrifici: abbiamo avuto un saldo primario dei conti pubblici al netto della spesa degli interessi positivo. I cittadini italiani hanno ricevuto dalla pubblica amministrazione, in servizi e trasferimenti, molto meno delle imposte e contributi che hanno sborsato, per un ammontare di circa il 60% del Pil (somma dei saldi primari in rapporto al PIL). Solo i belgi hanno fatto di più. Se si confrontano i saldi primari nel corso del tempo, si vede che gli italiani hanno 'tirato la cinghia' molto più di francesi, austriaci, olandesi. Mentre i paladini del rigore, gli stessi tedeschi e di nuovo gli olandesi, gli austriaci e i finlandesi, di sacrifici ne hanno fatti pochi o nessuno".
Ma queste capacità saranno confermate? Paolazzi non ha dubbi: "Sì, per 10 anni gli esperti della Commissione europea hanno sollevato dubbi eppure ora abbiamo un surplus maggiore, sono aumentati i valori unitari di ciò che vendiamo all'estero, nonostante la grave perdite dell'1% di Pil legata al turismo".
Insomma, "sappiamo fare bene e per farlo meglio abbiamo bisogno di quella stabilita' politica che consente di prendere le misure con persistenza e pazienza, non cambiando improvvidamente le norme, gli incentivi e i disincentivi". Le prospettive di successo si stanno già concretizzando: "chiuderemo il gap con il pre-pandemia con un anno di anticipo, nel 2022 invece che nel 2023 come preventivato. Non era mai successo nelle passate crisi che anticipassimo la ripresa. Dobbiamo però essere capaci di mantenere il passo delle riforme, anche per ottenere le successive tranche di fondi europei, che saranno dati a chi rispetta le tabelle di marcia. Siamo chiamati a un grande impegno: non è una passeggiata ma possiamo tornare a crescere come sapevamo fare".
La scelta del green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro è la dimostrazione, spiega Paolazzi, che "questo governo prende decisioni piu' rapidamente rispetto al passato e rispetto ad altri paesi, su temi molto spinosi, per il bene comune. Da questo punto di vista siamo piu' bravi degli altri".
Un economista non può però fare a meno di valutare anche i pericoli: "Certo, il rischio politico continua a esserci, anche se pare di capire che nessuno voglia far cadere il governo. Il secondo rischio sta nell'accelerazione dei prezzi che erode il reddito delle famiglie. Quanto ai tassi, penso che rimarranno bassi o saranno aumentati gradualmente. A livello internazionale incombe la strozzatura della mancanza di semilavorati ma questo porterà le imprese a fare investimenti e potrebbe alla fine risultare un volano per la ripresa".
Come si esce dalla carenza delle materie prime? "Aumentando la capacità produttiva - risponde Paolazzi - i Paesi produttori di petrolio non hanno intenzione di far schizzare i prezzi e accresceranno la produzione, tornerà il vento sul mare del Nord a spingere la produzione eolica. Certo gli investimenti non daranno la soluzione domani ma tra 6-12 mesi".
Intanto però famiglie e imprese devono fare i conti con il caro bollette: "Su questo è giusto che i governi intervengano a calmierare i prezzi, perché l'aumento ha un effetto regressivo e nella transizione le energie rinnovabili non saranno benvolute. Ma bisogna mettersi in testa che l'energia è un bene molto prezioso: abbiamo fatto finta che non fosse così e ora dobbiamo prepararci a pagarla di più".