AGI - Il Salone del Mobile 2021, quest’anno ribattezzato Supersalone, sarà un “evento in emergenza, imperdibile, capace di produrre idee anche per i prossimi saloni”, sarà “popolare come lo era la vecchia fiera campionaria di Milano”. Così vorrebbe che fosse ricordata la kermesse del design più importante del mondo, che per sei giorni animerà i padiglioni della Fiera di Rho (dal 5 al 10 settembre) il suo curatore, l’archistar Stefano Boeri.
All’AGI ha anticipato alcune novità della nuova edizione che ha organizzato in tempo record, da maggio, senza più guardare l’orologio, con la sua squadra. Fare la fiera, dopo 17 mesi di assenza, era troppo importante per dare un segnale di ripartenza. Ed è proprio questo aspetto che va a sottolineare la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione.
Pochi giorni al via, cosa vedremo?
“Sono molto curioso di assistere all’apertura e vedere la reazione del pubblico. Ci si troverà di fronte a qualcosa di inedito, totalmente nuovo. E’ un salone più ridotto negli spazi ma più ricco di sorprese, di varietà dei prodotti esposti e anche dal punto di vista dei sistemi di produzione del design, avremo l’università, i makers, la collezione delle sedie del Compasso d’oro, e il food design italiano”.
Mancherà però una grossa fetta di espositori internazionali?
"Sì sono “scesi dal 30 al 16%, ma questo per me è già un miracolo. Noi siamo partiti in maggio” ricorda. E poi dal punto di vista dei buyers c’è una “sorpresa bellissima”: mi sono arrivate alcune conferme dagli Stati Uniti, nei giorni scorsi. E ieri mi hanno chiamato anche dalla Cina e verranno. Questo mi sembra un bellissimo segnale, anche se certo ci saranno in numero ridotto”. Così come ridotte saranno le presenze dei visitatori per le misure anti contagio: c’è un tetto di 30 mila presenze nei 4 padiglioni allestiti.
Chi arriva in fiera cosa deve aspettarsi?
“Per evitare assembramenti non ci saranno i classici stand. Il sistema espositivo che è stato studiato è molto più arioso e permette di muoversi liberamente. Quando si arriva si vedono delle pareti disegnate dai curatori, che sono modulari e permettono alle aziende di disporre i prodotti in verticale e anche di raccontare la propria storia con immagini e video".
Sedie, tavoli e divani appesi?
“Sì, le pareti sono profonde da poter ospitare anche oggetti pesanti come delle cucine. Tutti gli stand saranno sostituiti da questo sistema verticale molto visibile e di impatto”.
Parlando di cucina torna in mente il fatto che quest’anno ci saranno grandi chef.
"Il legame tra design e food è doppio: c‘è un sistema di allestimento del cibo, il design della costruzione del piatto, la presentazione, e anche in modo più metaforico, possiamo dire che la costruzione di un menu è un lavoro di composizione che si fa con materiali diversi che assomiglia molto a quello che facciamo noi come architetti e designer. Avremo tutti i grandi chef, da Cracco a Oldani, a Bottura, che dal vivo cucineranno dei piatti che saranno esposti, e anche a disposizione per essere consumati. Soprattutto piatti freddi, per il pubblico”. A un prezzo non superiore a quello del biglietto (15 euro), cosa non da poco per degli stellati".
E per la prima volta, si potranno anche fare acquisti al Supersalone?
“La vera sfida del Supersalone per me è mettere insieme la presenza fisica di oggetti e la possibilità di prenotarli e acquistarli. Abbiamo proposto alle aziende di offrire il loro prodotti per la piattaforma digitale del Salone. I visitatori con un Qr code potranno andare sulla piattaforma, entrare in contatto con l’azienda, il rivenditore e acquistare quello che desiderano. Almeno il 50 per cento delle aziende hanno accettato".
Una chicca di questa edizione?
I miei due numi tutelari quando ho pensato al Supersalone erano Giò Ponti e Renato Pozzetto. Giò Ponti per il genio espresso nel design e Renato Pozzetto per il genio espresso nel paradosso, che sono le due cose che caratterizzano il design italiano. E ci sarà Renato Pozzetto all’inaugurazione, ne sono molto contento. Lui è un pezzo della storia, della cultura del paradosso”.