AGI - Il percorso verso l'autonomia resta, per molti giovani, un sogno nel cassetto. Il 50,3% degli under 35 vive infatti ancora con i propri genitori, mentre circa quattro giovani su dieci (38%) vivono da soli o con il proprio partner. Tra coloro che possono contare su un lavoro stabile, il 56,3% e' riuscito a creare un nucleo familiare, rispetto al 33% dei coetanei che non sono riusciti a farlo a causa di un lavoro discontinuo.
D'altronde, nei cinque anni successivi al completamento degli studi, soltanto poco piu' di un italiano su tre (37%) puo' contare su un lavoro stabile, mentre il 26% e' un giovane precario con contratto a termine e un quarto degli under 35 (24%) risulta disoccupato. È quanto emerge dal Report realizzato dal Consiglio Nazionale del Giovani in collaborazione con Eures sulle condizioni e prospettive occupazionali, retributive e contributive degli under 35, che si pone l'obiettivo di analizzare la vulnerabilita' economico-occupazionale dei giovani e le dirette conseguenze del fenomeno della precarizzazione sulla loro visione del futuro.
L'indagine condotta nel periodo di febbraio-aprile 2021 su un campione nazionale di 960 giovani della fascia 18-35 anni include anche una riflessione sulla riforma delle pensioni e sulle responsabilità attribuite dai giovani allo Stato, il cui ruolo dovrebbe essere centrale nei confronti delle criticita' dell'attuale sistema previdenziale. "Nel nostro Paese, la discontinuità lavorativa e' arrivata a rappresentare una condizione strutturale del mercato del lavoro e il fenomeno della precarizzazione, destinato ad aumentare alla luce della crisi post pandemica, investe inevitabilmente la qualità della vita con conseguenze significative sulla dimensione retributiva dei nostri giovani, anche a causa di un sistema pensionistico messo a rischio dalle passate generazioni", ha dichiarato Maria Cristina Pisani, presidente del Cng.
"Per questo, soprattutto a fronte del dispiego delle tante risorse che il percorso pluriennale del Pnrr comporterà, chiediamo nuovi interventi normativi tra cui un tavolo di lavoro con il Governo sulla pensione di garanzia per i giovani e l'istituzione di un Osservatorio ad hoc che monitori gli impatti degli interventi, centrato su una strategia volta a ridurre la percentuale di neet, come indicato nell'Agenda 2030". "Non stupiscono gli esiti dell'indagine, ancor piu' nel contesto pandemico che ha impattato pesantemente sui settori a piu' ampia presenza giovanile", ha commentato Alessandro Fortuna, Consigliere di presidenza del Cng.
"Dobbiamo dare risposte ai tanti ragazzi che un lavoro non lo trovano, che lo hanno perso, che sono precari, che accettano di essere sottopagati, che rinunciano alla prima casa perché consapevoli di non poter chiedere un mutuo, che non possono mettere al mondo un figlio, che sono convinti che non percepiranno una pensione dignitosa".
Solo il 6,5% degli under 35 ha figli. E il 33% non li vuole
La mancanza di certezze dal punto di vista occupazionale condiziona anche le scelte procreative degli under 35. Soltanto il 6,5 % dei giovani tra i 18 e i 35 anni afferma infatti di avere figli (8,8% tra i lavoratori stabili), mentre un terzo (33%) dichiara di non averne e di non volerne neanche negli anni a venire. Mancano, infatti, le condizioni per mettere su famiglia: solamente il 12% degli under 35 èproprietario della casa in cui abita. Uno su 10 (11%) ha provato ad acquistare un appartamento e il 7,8% è riuscito ad ottenere un mutuo, mentre a un terzo dei casi (3% del campione) il mutuo e' stato rifiutato. Il 40% dei giovani non prova nemmeno a chiederlo perche' consapevole della mancanza di requisiti.
Il 68% non sa come si calcola la pensione e il 44% la immagina dopo i 70 anni
I giovani risultano poi disinformati sul tema pensioni: il 53% non conosce attraverso quale metodo venga calcolata la pensione per le nuove generazioni e sette giovani su dieci (68%) non conosce la propria situazione contributiva, non essendosi mai informato al riguardo. Inoltre, è profonda la sfiducia nei confronti dell'attuale sistema pensionistico. Circa la metà degli under 35 intervistati (44%) immagina che andrà in pensione dopo i 70 anni. Otto giovani su dieci vivono negativamente il pensiero delle condizioni materiali di vita consentite dalla futura pensione, esprimendo al riguardo paura (29%), frustrazione (24%) o rassegnazione (25%).
Nonostante la prevalente prefigurazione di una "pensione povera", nel campione intervistato i "favorevoli" alla cosiddetta riforma Fornero (38,3%) risultano sovrapponibili ai "contrari" (37,4%), mentre i "neutrali" sono pari al 18,6% (dichiarandosi "né d'accordo né in disaccordo). Provando a declinarne gli effetti "positivi", il principale vantaggio del passaggio al sistema contributivo e' indicato nel beneficio "contabile", ovvero nel risanamento delle casse dell'Inps (34,1%) o del Bilancio dello Stato (22,8%); soltanto il 10,3% del campione ritiene invece che tale riforma responsabilizzera' i giovani sulla costruzione del proprio futuro e il 15,8% che stimolera' nelle imprese una maggiore sensibilita' verso la situazione dei giovani.
Sul fronte opposto, i principali effetti negativi prefigurati riguardano la diminuzione degli importi dell'assegno pensionistico (36,5%) e un incremento delle disuguaglianze tra pensioni alte e basse (32,1%); il 12,9% dei giovani ritiene invece che rafforzi il potere di ricatto delle imprese sui giovani e il 12,2% esprime la forte preoccupazione di una "deresponsabilizzazione" dello Stato. Per la quasi totalità dei giovani intervistati (94%), infine, è lo Stato che dovrebbe impegnare le proprie risorse per assicurare una pensione adeguata alle nuove generazioni. In particolare, piu' di otto giovani su dieci (83%) è favorevole all'introduzione dei "contributi figurativi" e il 75% all'introduzione di una pensione di garanzia non inferiore a una soglia minima (ad oggi stimata in 660 euro mensili).
Per i giovani intervistati le risorse necessarie dovrebbero essere reperite attraverso un'attività di recupero dell'evasione fiscale (43%), oltre un terzo del campione auspica invece interventi redistributivi della ricchezza, in primis una tassazione piu' severa sui redditi alti (12%).