AGI - La ristorazione nel 2020 ha visto perdere circa il 40% del volume di fatturato registrato nel 2019, anno dei record per la spesa alimentare fuori casa con un fatturato di 86 miliardi di euro. Hanno chiuso i battenti 22.692 imprese del settore e ne sono state avviate 9.207, il dato piu' basso degli ultimi 10 anni. Le città che hanno perso più attività sono Roma (-1.518), Milano (-722) e Torino (-549), ma quella che ha registrato l'incremento maggiore di locali scomparsi rispetto all'anno precedente è Firenze, con un +87% sul 2019.
È quanto emerso dal Rapporto 2021 dell'Osservatorio Ristorazione, spin-off dell'agenzia RistoratoreTop, realizzato elaborando dati provenienti da diverse fonti, tra le quali gli istituti di ricerca Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe, Coldiretti e Federalberghi, le banche dati di Infocamere e della web app Plateform.
Il 2020 è anche l'anno che ha visto il numero più alto di sempre di attività registrate, 397.700 di cui attive 340.564, aspetto determinato dalle numerose variazioni di codice ATECO; ha visto il 77% dei locali lavorare con le consegne a domicilio, prevalentemente con propria flotta di rider, e il 27% degli imprenditori del settore avviare una dark kitchen oppure un brand virtuale per far fronte alle chiusure forzate; ha aperto le porte ad una capillare innovazione tecnologica nelle modalità sia di preparazione e distribuzione del cibo, sia di scelta e fruizione dello stesso. Per lunghi periodi del 2020 le uniche forme di fatturato possibile sono state il delivery e il take away, con il conseguente proliferare di dark, grey, ghost e cloud kitchen, cucine non aperte al pubblico.
Secondo una ricerca di RistoratoreTop, nel 2020 il 77% dei locali ha deciso di intraprendere la strada del delivery e dell'asporto, mentre il resto degli intervistati ha preferito lasciare chiusi i battenti. Il 43% degli intervistati ha dichiarato di fare delivery direttamente, con propria flotta di rider, il 3% di affidarsi unicamente a piattaforme esterne, mentre il 9% di utilizzare entrambe le modalità, il restante 45% raccoglieva indecisi e ristoratori che non hanno percorso la strada del delivery.
Durante i mesi di chiusura, infine, il 27% dei ristoratori ha creato in periodo di pandemia una dark kitchen oppure un brand virtuale, anche impiegato nella produzione di cibi differenti da quelli prodotti abitualmente. Il 10% degli intervistati ha affermato di voler mantenere il delivery o la dark kitchen anche dopo le riaperture a pieno regime. La tecnologia non ha rivoluzionato solamente sala e cucina, ma anche il modo in cui i clienti scoprono, scelgono, valutano e si fidelizzano.