AGI - Il Recovery plan dell’Italia potrà contare su una dote di 191,5 miliardi (con una prima tranche entro l'estate) e il suo impatto sul Pil potrebbe superare il 3% stimato. Ma i tempi sono stretti: il governo ha a disposizione meno di due mesi per finalizzare il Piano di ripresa e resilienza che va rafforzato rispetto alla bozza presentata nei mesi scorsi e la cabina di regia sarà affidata al Mef.
È questa la strada indicata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, nel corso della sua prima audizione parlamentare in cui si è registrata qualche scintilla a causa delle proteste dei parlamentari per i problemi tecnici di collegamento che hanno costretto a sospendere temporaneamente la seduta facendo slittare i tempi.
Parlando davanti alle commissioni congiunte Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Senato e Camera, il titolare dell’Economia ha detto che “il Next Generation Eu è un passaggio storico molto importante nel processo di costruzione europea ed è un passo in avanti nella costruzione di un bilancio comune”.
Cifre alla mano, il ministro ha spiegato che nel Recovery fund ci sono "fondi a disposizione del nostro Paese per gli anni 2021-2026 per circa 196 miliardi a prezzi correnti, 69 dei quali sotto forma di trasferimenti e 127 sotto forma di prestiti" ma sulla base dei dati finanziari più aggiornati “che tengono conto del fatto che il regolamento europeo emanato a febbraio prende a riferimento il reddito nazionale lordo del 2019” la somma scende, sul lato dei prestiti, portando l'entità a "191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio" e ancora oggetto di possibili variazioni.
Mentre l’impatto sul Pil potrebbe essere “superiore al 3%” stimato perché la simulazione del Mef contenuta nella Nota di aggiornamento al Def ipotizzava un Pil "più alto del 3%", stabilmente negli anni, ma “non teneva conto di possibili effetti delle riforme”.
Il Piano italiano, ha osservato il ministro, “rappresenta una priorità per il governo e per il Paese” che richiederà “uno sforzo corale" e "un dialogo aperto e costruttivo”. Franco ha riconosciuto il “lavoro prezioso” svolto dalle Camere e ha assicurato che ci sarà un confronto “intenso e durevole” e che le risoluzioni parlamentari che saranno votate nelle prossime settimane "saranno tenute in debita considerazione".
Il titolare dell’Economia ha ricordato le tappe di un percorso serrato. Il Piano dovrà essere presentato entro il 30 aprile, poi la commissione Ue valuterà i piani di ciascun Paese e avrà a disposizione 8 settimane. Una volta acquisita l'approvazione del Consiglio europeo ci saranno altre quattro settimane per la definizione finale. “Questo implica che le risorse europee saranno disponibili alla fine dell'estate”, ha detto il ministro che ha messo in guardia: "Abbiamo meno di due mesi per finalizzare il Piano, non può subire battute d'arresto".
Tra le riforme che accompagneranno i progetti, ha sottolineato Franco, due sono "particolarmente importanti": quella della pubblica amministrazione e quella della giustizia. "Una terza area molto importante di riforma riguarda gli interventi di semplificazione normativa trasversale", ha aggiunto il ministro invitando a essere “pragmatici”.
La riforma del fisco, ha quindi spiegato, è una "priorità" del governo, dato "il livello relativamente alto" della pressione fiscale e delle aliquote in Italia, ma "non può essere affrontata” nel Pnrr. Franco ha anche sollecitato "un cambio di passo nel modo di impiegare le risorse Ue" ricordando i ritardi nell’impiego dei fondi strutturali europei. Il ministro ha garantito l’impegno del governo “per rafforzare" il Piano esistente, a partire dal potenziamento delle strutture operative, dalla definizione della governance e dalla necessità di “tarare i progetti sulle risorse pienamente disponibili” così come di completare quelli non ancora “pienamente delineati”.
In particolare, il titolare dell’Economia ha rimarcato la necessità di “potenziare in tempi brevi le strutture amministrative per gestire i progetti” e impostare una politica di inserimento “delle persone più giovani nella pubblica amministrazione”. “Il ministro Brunetta ci sta lavorando e ha formulato varie ipotesi: la sfida nell'arco delle prossime settimane è di individuare soluzioni che consentano l'immissione in tempi relativamente brevi", ha aggiunto.
Per Franco, "occorre una governance robusta e articolata” che il governo pensa di costruire “su due livelli strettamente interconnessi". "Da un lato – ha spiegato - stiamo considerando la costituzione di una struttura centrale di monitoraggio del Piano nazionale di ripresa e resilienza presso il Mef, a presidio e supervisione dell’efficace attuazione del Piano" che "si occuperà del supporto alla gestione e monitoraggio degli interventi, della gestione dei flussi finanziari con l’Unione Europea, della rendicontazione degli avanzamenti del Pnrr alla Commissione europea, del controllo della regolarità della spesa, della valutazione di risultati e impatti".
Questo organismo centrale "sarà affiancato da un’unità di audit, indipendente, responsabile delle verifiche sistemiche, a tutela degli interessi finanziari dell’Ue e della sana gestione del progetto".
Dall’altro lato, ha proseguito il ministro, a livello dei singoli ministeri, saranno creati dei "presidi di monitoraggio e controllo" che "si interfacceranno con la struttura centrale del Mef".
Quanto al contratto con la società di consulenza McKinsey, che è stato oggetto di polemiche, il ministro ha ribadito che "nessuna struttura privata prende decisioni o ha accesso a informazioni privilegiate o riservate” e che “il contratto, che era già aperto, riguarda la produzione di cronoprogrammi, aspetti metodologici nella redazione del Piano, aspetti più editoriali che di sostanza: non c'è alcuna intromissione nelle scelte".