AGI - A un anno dall’inizio della pandemia che ha portato a una recessione globale senza precedenti, l’incertezza economica permane e il quadro complessivo dei rischi è decisamente più elevato ed eterogeneo.
Ma il 2021 sarà un anno di transizione verso la ripresa, grazie ai progressi nel contrasto al virus e nonostante i rischi di nuove ondate, trainata dai fattori di resilienza e da una nuova attenzione alla sostenibilità come parte integrante delle strategie di competitività aziendale.
A delineare questo scenario di "luci e ombre" è Alessandro Terzulli, Chief Economist di Sace, che commenta in una intervista all'Agi la Mappa dei Rischi 2021 - “Rosso, giallo e green: i colori dei rischi e della ripresa sostenibile per l’export italiano” di Sace.
Quello che emerge dal report è un quadro contraddistinto da un incremento generalizzato dei livelli di rischio, sia in termini di credito che politico, ma anche da una profonda eterogeneità tra le diverse aree geografiche, in cui le imprese potranno sfruttare le opportunità di crescita persino nelle Regioni più “instabili”, grazie a un approccio in cui competitività e sostenibilità diventano due facce della stessa medaglia.
Secondo lo scenario delineato nel Focus On sulla mappa dei rischi elaborata da Sace, nel 2021 la ripresa sarà diffusa a tutte le geografie, seppure in maniera eterogenea. Le incognite che restano alte possono compromettere il quadro da voi elaborato?
"L'incertezza rimane elevata quindi è necessario procedere con degli scenari. Secondo il nostro scenario base, cioè quello a maggiore probabilità di accadimento, con l'avvio del secondo trimestre e soprattutto nella seconda parte dell'anno, l'incertezza continuerà a scendere e gli operatori avranno più chiare le proprie scelte.
Pensiamo che questa 'pent-up demand', cioè una domanda un po' repressa, troverà sfogo nel senso positivo del termine. Ovviamente nella misura in cui troverà sfogo questo alimenterà domanda di importazione per i beni italiani. Questo è lo scenario prevalente ma ci sono degli scenari alternativi che hanno minore probabilità di accadimento che non possiamo però escludere. Abbiamo una ripresa che sarà quasi sicuramente a 'V' dove dopo una forte caduta del 2020 arriverà una risalita nel 2021 in media d'anno e dove però i fattori a V non caratterizzano solo la natura della ripresa. C'è la coincidenza alfabetica con virus, varianti e vaccini che sono le variabili e incognite sulle quali si dispiegheranno i vari scenari".
In un quadro di generale ripresa dell’economia e degli scambi internazionali, non mancano le opportunità di crescita sui mercati esteri per le nostre imprese. Dove dovrebbero indirizzarsi le aziende italiane?
In questo contesto complesso, saltano le etichette e le contrapposizioni tra mercati emergenti e avanzati: occorre piuttosto fare riferimento a un mix diversificato - una sorta di “bouquet” - di mercati.
Abbiamo sia buone possibilità in mercati avanzati, pensiamo alla Germania, agli Stati Uniti, Giappone e la Corea del Sud, sia in mercati emergenti di prima fascia come la Cina e, con le dovute proporzioni, il Vietnam che offre prospettive interessanti ed è riuscito a contenere i propri rischi. Si può arrivare anche in aree come il Medioriente dove troviamo oasi migliori come alcuni paesi del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar e in misura minore l'Arabia Saudita. Oppure andando nell'Europa più vicina pensiamo alla Polonia, alla Russia, paese ricco di risorse, dove l’economia sta dimostrando una buona performance. Anche aree molto difficili dal lato dei rischi dell'America latina come Cile e Perù o in Africa, paesi come il Senegal, possono dare delle opportunità.
Si registra un incremento generalizzato dei rischi del credito, questo nello specifico cosa comporta per le imprese italiane e come possono ovviare a questa insidia?
Gli strumenti utili alle imprese sono informativi/formativi, lo abbiamo sempre detto. Ci rendiamo conto che la pandemia stravolge gli scenari, molto spesso anche alcune aziende che avevano nei mercati esteri un punto di appoggio vedono sparire i loro distributori e i loro importatori, ne devono cercare di nuovi in uno scenario in cui non è facile fare fatturato e, non appena si trova una controparte, si spinge.
Ma è necessario avere un equilibrio, perché bisogna avere informazioni sul mercato di riferimento, sul settore e sul tipo di controparte, altrimenti si può incappare in spiacevoli episodi.
Bisogna avere formazione, soprattutto nell'ambito del digitale e dell'e-commerce. Sono concetti ai quali ci si deve approcciare con un po' di formazione, mettendosi in mano a degli esperti.
Noi come Sace, con strumenti quali la Mappa dei rischi, le previsioni dell'export che facciamo e mettiamo a disposizione di tutti gratuitamente attraverso il nostro sito, permettiamo di generare consapevolezza dei rischi nei quali si può incorrere.
Allo stesso modo, sono importanti le risorse finanziare e assicurative. Se qualcosa va storto bisogna avere qualcuno che sostiene e ha le spalle un po' più larghe per affrontare dei rischi.
L'export sarà un driver importante per la ripartenza ma basterà per far agganciare all'Italia la crescita?
Da un lato la domanda estera è utile a ripartire, l'Italia ha sempre mostrato una certa vitalità nei momenti difficili, però a un certo punto è utile che subentri la componente interna della domanda e quindi una crescita endogena.
Un insieme di questi due elementi darebbe sicuramente più spinta e questo sarà l'aspetto vero su cui si giocherà la sfida dove il Recovery fund andrà a giocare un ruolo importante nell'innalzare nel corso del tempo quello che è il potenziale di crescita del nostro paese