AGI - L'effetto Draghi sbarca in asta. La chiusura dello spread tra Btp decennali e omologhi Bund tedeschi registrata sul mercato secondario a partire dal conferimento dell'incarico di formare il nuovo governo all'ex presidente della Bce comincia ora a riflettersi anche nei collocamenti. Ne è testimonianza l'operazione di questa mattina con cui il Tesoro ha assegnato Buoni per 9 miliardi, il massimo della forchetta in offerta, con rendimenti ai minimi storici su tutte le scadenze.
Nel dettaglio, il mercato ha assorbito 3 miliardi di 'carta' a 3 anni, 4 miliardi a 7 anni e 2 miliardi a 20 anni. Il titolo triennale ha segnato un un rendimento lordo pari a -0,33% in calo di 11 punti base rispetto all'asta precedente, il tasso del settennale si è posizionato allo 0,18% con una riduzione di 13 punti base e quello ventennale all'1,14%. Intanto, lo spread scende ancora. Nel pomeriggio ha toccato quota 92 punti, con il rendimento del decennale al minimo storico dello 0,46%. Dalla chiusura del 2 febbraio, alla vigilia dell'incarico a Draghi, il differenziale si è ridotto di 18 punti, tornando ai livelli di 5 anni fa.
E, secondo gli analisti, la corsa potrebbe non essere finita qui. Nel mirino, affermano gli esperti, ci sarebbe addirittura quota 70, un livello che consentirebbe ai Btp di riallinearsi ai Bonos spagnoli e all'Italia di risparmiare fino a 1,5 miliardi di euro all'anno in spesa di servizio al debito. Prossimi 'step': la fiducia al nuovo esecutivo e l'ufficializzazione di un Recovery plan forte e credibile. "La formazione di un governo a guida Draghi", spiega Andrea Delitala, analista di Pictet Asset Management, "vale a nostro giudizio un restringimento dello spread di 20/25 punti base.
L'effetto annuncio e i progressi di questi giorni hanno già provocato una compressione di 15 punti base. Un'ulteriore compressione di 20 punti base sarebbe possibile sui progetti presentati e approvati dalla Commissione europea contestualmente a credibili riforme strutturali su Pa, pensioni e giustizia presentate nei prossimi mesi". Per Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm, "nel lungo periodo, se davvero l'Italia dovesse risollevarsi dalla stagnazione dell'ultimo decennio e ridurre il proprio livello di indebitamento, in uno scenario estremamente ottimistico, lo spread potrebbe tornare a livelli pre 2008 (circa 20 punti in meno) o comunque riassestarsi ai livelli degli altri paesi dell'Europa periferica, Spagna e Portogallo, i cui spread sono intorno ai 50/57 punti base".
Ma questo, aggiunge, "dipende da numerosi fattori quali unione fiscale, ripresa dalla pandemia e ammodernamento del Paese tramite la messa in atto di riforme strutturali, richieste piu' volte dallo stesso Mario Draghi in veste di presidente della Bce".