Il debito pubblico italiano volerà al 159,7% nel 2021. La stima è contenuta nell'aggiornamento del Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, secondo cui il dato 2020 si attesta invece al 157,5%, con un balzo di oltre 20 punti percentuali rispetto al 134,6% del 2019. La proiezione dell'istituto di Washington stima inoltre il rapporto tra deficit e Pil al 10,9% nel 2020 e al 7,5% nel 2021. I numeri non sono lontanissimi rispetto a quelli contenuti nella Nadef, che fissa il debito al 158% nel 2020 e al 155,6% nel 2021 e l'indebitamento rispettivamente al 10,8 e al 7% del Pil. Il debito pubblico italiano resta il secondo tra quelli delle economie avanzate, superato soltanto da quello giapponese. Secondo il Fondo, Tokyo vedrà il rapporto tra debito e Pil attestarsi al 258,7% sia nel 2020 che nel 2021.
Per il responsabile del dipartimento Affari fiscali dell'organizzazione di Washington, Vitor Gaspar, il debito italiano resta comunque "sostenibile", in virtù dei "bassi tassi di interesse" e della "prevista ripresa della crescita". L'economista portoghese invita anche il nostro Paese a usare usare le risorse del Recovery Fund "per finanziare progetti di alta qualità in grado di rafforzare rafforzino le prospettive di crescita, facilitare la transizione verso un futuro verde e digitale e accelerare la riduzione del debito"
A livello globale, il Fondo stima che i governi abbiano messo in campo quasi 14 miliardi di dollari per far fronte alla crisi scatenata dal coronavirus. Nel dettaglio, la cifra comprende 7.800 miliardi di spese aggiuntive o, in minor misura, tagli fiscali e 6.000 miliardi di garanzie, prestiti e apporti di capitale. La fetta più grossa dei sostegni fa capo alle economie avanzate che hanno stanziato complessivamente 11.800 miliardi di dollari.
Soldi che hanno fatto esplodere debito e deficit in tutti i Paesi. Il debito pubblico globale, calcola l'Fmi si è attestato al 97,6% nel 2020 e salirà al 99,5% quest'anno. La stima del rapporto tra deficit e Pil si colloca invece rispettivamente all'11,8 e all'8,5%. Nel dettaglio, sono le economie avanzate ad aver registrato il maggior deterioramento dei conti pubblici. Il debito dei Paesi del gruppo, prevede il Fondo, ha chiuso il 2020 al 122,7% e terminerà il 2021 al 124,9%.
Nonostante il peggioramento delle finanze pubbliche, tuttavia, l'Fmi ritiene che gli aiuti debbano "rimanere disponibili finché la ripresa non sarà bene avviata". In sintesi, si legge nell'aggiornamento del Fiscal Monitor, i governi devono vincere la corsa ai vaccini, rispondere con flessibilità al cambiamento delle condizioni economiche e preparare la scena per una ripresa più verde, più equa e più stabile". In particolare, osserva il rapporto, "è cruciale la cooperazione globale nella produzione e la distribuzione più ampia possibile di trattamenti e vaccini a tutti i Paesi a basso costo".
La vaccinazione, osserva il Fondo, "è un bene pubblico globale che salva vite e, in definitiva, anche il denaro dei contribuenti in tutti i Paesi. Prima la pandemia globale finirà, più velocemente le economie potranno tornare alla normalità e le persone avranno bisogno di minor aiuto dai governi. Data l'inusuale, alta incertezza, le politiche dovrebbero rispondere flessibilmente al cambiamento delle condizioni economiche e pandemiche. La maggior parte dei Paesi dovrà fare di più con meno, considerando i crescenti rigidi vincoli di bilancio. Ciò significa", conclude il Fondo, "concentrarsi sui più colpiti e i più vulnerabili, vale a dire poveri, donne e lavoratori in nero, e sulle aziende che possono rimanere redditizie dopo la crisi o sono importanti in modo sistemico per l'economia".