AGI - La crisi innescata dal Covid potrebbe causare la chiusura di un'azienda familiare su quattro. E' quanto sostiene il XII Osservatorio Aub dell'Università Bocconi..
La crisi attuale ha un impatto doppio sul Pil italiano rispetto a quella iniziata nel 2008-2009, che pure aveva costretto il 17,5% delle aziende familiari italiane a entrare in procedure concorsuali o liquidatorie nel decennio successivo. Secondo i calcoli dell'Osservatorio, il 33% ha una struttura patrimoniale e finanziaria inadeguata, il 25-30% delle aziende familiari è così a rischio e potrebbe entrare in procedure concorsuali o liquidatorie se non ricorrerà a ricapitalizzazioni con equity esterno.
“A parte la speranza che la ripresa, questa volta, sia più veloce, la nostra analisi mostra che l’unica via di uscita è un maggiore ricorso all’equity, accompagnato da un’apertura alla leadership esterna e a un suo auspicabile ringiovanimento”, spiega Guido Corbetta, titolare della Cattedra Aidaf-EY di strategia delle Aziende Familiari in memoria di Alberto Falck della Bocconi e curatore dell’Osservatorio con Fabio Quarato.
L’Osservatorio Aub, promosso da AidafF – Italian Family Business, Cattedra Aidaf-EY della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, monitora tutte le aziende familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro: 17.984 aziende, di cui 11.808 a controllo familiare (pari al 65,6%).
L’analisi mostra che, rispetto all’inizio del 2009, la quota di aziende familiari con una struttura patrimoniale o reddituale davvero compromessa (patrimonio o Mol negativi) era scesa all’inizio del 2020 dal 4,3% al 3,4% e quella di aziende con indicatori di solidità critici era scesa di dieci punti (dal 38,8% al 29,9%), mentre le aziende che disponevano di una liquidità superiore all’indebitamento erano salite dal 17,7% al 29,5%, Tuttavia, il 33% delle aziende mostrava una struttura inadeguata ad affrontare la crisi pandemica.
Un’analisi condotta con Fsi (Fondo Strategico Italiano), inclusa nell’Osservatorio, evidenzia l’effetto negativo dell’indebitamento sulla performance dei cinque anni successivi e mostra che, anche in caso di basso livello di indebitamento, un suo aumento ha un impatto negativo su crescita e redditività. Ne consegue che in questo momento le aziende migliori, devono crescere attraverso l’equity e non il debito.
L’Osservatorio si conclude con una prima analisi della reazione delle imprese familiari alla crisi pandemica, condotta sulle società quotate (al netto di banche e assicurazioni). “I dati confermano la grande reattività delle aziende familiari e l’apprezzamento del mercato per tale caratteristica”, afferma Fabio Quarato. Pur partendo da un livello decisamente più basso (25% contro il 43% del campione totale, che comprende familiari e non familiari), le aziende familiari hanno quasi raggiunto le altre nell’utilizzo dello smart working (85% vs. 93% del campione totale) durante il 2020.
Nel 77% dei casi, inoltre, le aziende familiari si erano attivate per dare supporto ai dipendenti, soprattutto dal punto di vista della sicurezza (protocolli e fornitura di dispositivi di protezione individuale). Ne derivavano, per il primo semestre, una riduzione dei ricavi più contenuta (10,1% vs, 11,9% delle non familiari), un aumento dell’occupazione (+3,4%) da confrontarsi con un calo nelle non familiari (-1,4%) e una performance di borsa migliore del 22,3%.
"Dalla ricerca emergono, ancora con più forza, due cose: la grande importanza nella nostra economia Nazionale delle imprese familiari e il bisogno di dotarle di una governance e management per un sano passaggio generazionale e all'altezza delle prossime sfide”, dichiara Francesco Casoli, presidente di Aidaf – ItalianFamily Business.