AGI - Negozi chiusi per mesi a causa della pandemia, aziende ferme, e molte giornate passate a lavorare in casa con abiti comodi, non certo da grande soirée, con le collezioni presentate in streaming (dal 15 al 19 gennaio c'è la Moda Uomo). Il fatturato della moda non poteva non scivolare. Come spiega il presidente della Camera della Moda, Carlo Capasa, in un'intervista all'AGI "i dati di previsione di quest’anno sono pesanti. Noi siamo la seconda industria italiana, fatturiamo 100 miliardi. E perdiamo il 25% del fatturato, che è tanto", si arriva a 25 miliardi.
L'e-commerce argina le perdite
"Questo è un momento unico nella storia, paragonabile a una guerra - ha aggiunto -. E la moda rimane uno dei settori più colpiti da questa pandemia, anche se il digitale ha limitato il danno. Infatti tutti i consumi dell’e-commerce sono saliti a due cifre. Sono cresciuti tutti i gruppi che vendono online".
Nel secondo trimestre del primo lockdown il calo fu del 45%
Il crollo del fatturato, dunque, si può dire che era era atteso. E già c'è stato un miglioramento rispetto al meno 45% registrato nella fase critica del primo lockdown nel secondo trimestre. "Non ci poteva essere una corsa all’acquisto e non solo perché i negozi erano chiusi - spiega - ma anche perché psicologicamente non c’era una predisposizione forte al consumo. Eravamo tutti in casa, in tuta, non c’era voglia di fare compere". Ad agosto e settembre i nuovi ordini sono tornati ad aumentare, ma ottobre, ancora prima della decisione delle nuove misure di contenimento, l’andamento è tornato ad essere negativo. In generale poi, tra ottobre e dicembre il clima di fiducia delle imprese manifatturiere è risalito.
"Difficile da dire - replica il presidente della Cnmi Carlo Capasa - perché gli scenari sono in continua evoluzione, e molto dipenderà dalla campagna di vaccinazione. Ci auguriamo che verso giugno, luglio la situazione migliori molto. La speranza è tornare al consumo accettabile per la fine dell’anno".
In uno scenario favorevole la crescita è 15%
Gli scenari previsti dalla Camera della Moda prevedono un limite massimo e minimo del fatturato. Lo scenario favorevole presuppone il progressivo esaurimento della pandemia nel corso del 2021 e il successo pieno delle politiche di rilancio economico, con un recupero di almeno una dozzina di punti rispetto allo scorso anno". Anzi, di più. "Diciamo che l’industria italiana della moda potrà crescere a due cifre, intorno al +15%. Mentre in uno scenario sfavorevole, dove le restrizioni si prolungano fino all'anno prossimo, la crescita si limiterà al 6%".
Per tornare ai consumi pre Covid si dovrà aspettare il 2022
Per tornare o anche solo per avvicinarci ai consumi pre Covid servirà ancora del tempo. "Ci auguriamo che nel 2022 si torni alla normalità, grazie anche a quel revenge shopping che si è visto in Cina". La ripartenza più forte c'è stata lì, i consumi sono ripartiti. E addirittura "Se parliamo del consumatore finale, i cinesi sono i nostri maggiori acquirenti. Mentre dal punto di vista del business, i nostri primi mercati sono la Francia, la Svizzera, gli Stati Uniti". "La maglia nera va all'Europa - precisa - , che è quella che ha subito la crisi peggiore, l'Estremo Oriente se l’è cavata meglio perché è uscito prima dalla pandemia. Mentre l’America, dove c’è una forte propensione all'e-commerce, si colloca a metà".
Ok il virtuale ma la moda è fatta di touch and feel
Ma se è vero che le vendite online e più in generale il digitale hanno permesso alla moda di non sprofondare e che grazie allo streaming le sfilate delle Settimane milanesi sono state visibili in tutto il mondo sulla piattaforma della Cnmi, è anche vero che "la moda è fatta di ‘touch and feel’". "Benissimo, dunque, la parte digitale ma non vediamo l’ora di tornare alle sfilate fisiche".