AGI – La foto di una fumata bianca condivisa su Twitter da Sebastian Fischer, portavoce della presidenza tedesca del Consiglio Ue, annuncia l’accordo raggiunto tra le istituzioni di Bruxelles sul bilancio pluriennale europeo che comprende il Recovery Fund. Concordato a luglio tra i 27 leader europei, l’intero piano è rimasto intrappolato nel tunnel dei negoziati interistituzionali - i cosiddetti triloghi - per oltre 10 settimane e si prepara ora alla sfida principale: la ratifica dei 27 Paesi Ue (molti dei quali prevedono un voto in Parlamento).
L’accordo di oggi è stato festeggiato soprattutto dall’Eurocamera, contraria ai tagli ai programmi ‘bandiera’ dell’Ue. Ma l’operatività del Recovery fund è legato ancora al via libera di alcuni governi che continuano a mettersi di traverso, a partire dall’Ungheria di Viktor Orban.
Dalle borse di studio Erasmus ai fondi per la ricerca Horizon Europe, tante voci ‘preziose’ del bilancio pluriennale europeo avevano subito una sostanziosa sforbiciata a luglio per arrivare alla ‘quadra’ sui 750 miliardi di prestiti e sussidi previsti dal Recovery Fund. Il Parlamento oggi può rivendicare di aver aumentato di 15 miliardi i programmi Ue, con un incremento specifico di circa 4 miliardi per Horizon Europe, 2,2 miliardi in più per Erasmus, 3,4 miliardi per la sanità, 1,5 miliardi in più per la gestione delle frontiere esterne e un miliardo extra per InvestEU.
Le risorse aggiuntive arrivano principalmente da importi provenienti da multe Ue per la concorrenza sleale. Una fonte di bilancio che segna un altro passo avanti per il Parlamento, da tempo impegnato affinché i fondi generati dall'Unione rimangano nel bilancio Ue.
Ma l’accordo prevede anche una tabella di marcia sulle risorse proprie, ovvero le imposte il cui gettito va a finire nel bilancio europeo. Si va dalla più volte evocata plastic tax, da introdurre nel 2021, a un adeguamento del sistema di scambio delle quote di emissione di carbonio (ETS) a partire dal 2023. Nel testo è menzionato anche un prelievo sulle imprese digitali (a partire dal 2024), nonché un’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF) e un contributo legato al settore delle imprese che potrebbe partire nel 2026. Quest’ultimo dovrebbe consistere in una nuova base imponibile comune per l'imposta sulle società, andando probabilmente a colpire le imprese con sede nei Paesi Ue con aliquote più leggere.