AGI - La pandemia aumenta il divario tra le famiglie e ‘congela’ i consumi che si trasformano in risparmio ma quasi un italiano su cinque non riuscirebbe a far fronte a una spesa imprevista di 1.000 euro con risorse proprie. E se la spesa imprevista fosse di 10.000 euro oltre la metà avrebbe problemi a sostenerla con mezzi propri. E' quanto emerge dall'indagine annuale curata da Ipsos per Acri in occasione della Giornata mondiale del risparmio che fotografa un Paese caratterizzato da "evidenti contraddizioni".
Se, da una parte, si rileva una ritrovata serenità e fiducia rispetto alla propria situazione economica, dall'altra parte, è diffusa una preoccupazione generalizzata che induce molta cautela sia nel consumo, che nell’investimento. Cresce quindi la percentuale di italiani che risparmia senza troppe rinunce (58%) e che guarda con soddisfazione agli ultimi 12 mesi, periodo durante il quale è accresciuto il proprio accantonamento di riserve.
La contrazione dei consumi, soprattutto quelli legati al fuori casa e al divertimento, ha consentito di incanalare le entrate verso il risparmio senza incorrere in troppi sacrifici. Tuttavia, sottolinea l'indagine, esiste una minoranza che si trova in una situazione ancor più complessa che in passato, sia per i consumi, che per le possibilità di risparmio. Sono coloro che stanno pagando la crisi attuale e le code della precedente, e che rischiano di essere sempre più marginalizzati: vivono la situazione con crescente ansia, perché non intravedano vie d’uscita.
Come ha spiegato il presidente Acri, Francesco Profumo, "c'è una grande polarizzazione fra gli italiani" e "questo aumento del risparmio non accresce gli investimenti e non è un motore di sviluppo". "La crisi sta colpendo pesantemente famiglie che erano già in difficoltà ma le preoccupazioni legate alla diffusione del contagio e alla capacità di risposta del sistema sanitario spostano in avanti i timori per le ripercussioni economiche della pandemia nel nostro Paese e nel mondo", ha spiegato il presidente Acri.
Italiani sempre più formiche temono il futuro
Aumenta quindi la propensione al risparmio ma cresce l'incertezza e la preoccupazione per il futuro. Si guarda al risparmio come "fonte di tranquillità", molto più di quanto non accadesse in passato, quando era vissuto maggiormente come "fonte di sacrificio". L'accumulo di liquidità garantisce al 46% degli italiani "un senso di tranquillità", accentuando, rispetto al 2019, "la ricerca di questa forma di autotutela in un contesto mutevole e insidioso".
Pertanto il risparmio è vissuto con "senso di sacrificio" (21%) in misura più contenuta rispetto al passato (30%), probabilmente per la maggiore facilità di risparmio e per la consapevolezza della serenità che solide basi accumulate possano garantire in caso di avversià. Ma se a preoccupare non è tanto il futuro a breve termine, pensare a un orizzonte temporale di 10 o addirittura 20 anni intimorisce il 57% degli italiani.
Economia (basse prospettive per i giovani, lavoro instabile e mancanza di risparmi cumulati su cui contare) e salute sono le due grandi incognite da cui si cerca di rifuggire facendo leva sulla rete parentale, prima di tutto, e sull’impegno a prevenire le malattie e a curarsi. Il 35% degli italiani risparmia senza pianificazione o precise finalità, mentre il 65% risparmia avendo in mente progetti ed esigenze future (38% esigenze immediate, 33% medio termine, 28% lungo termine).
Italiani scelgono liquidità e 'puntano' su mattone
Gli italiani continuano a prediligere l'accumulo di liquidità come forma di risparmio (il 63%) sebbene si registri un crescente orientamento verso l’investimento di almeno una piccola parte del proprio denaro. E se devono 'puntare' i propri soldi scelgono ancora il 'mattone' (33%) o strumenti finanziari meno rischiosi (29%). Alla base delle scelte d’investimento, prende sempre più spazio la solidità del soggetto proponente (21%, +2% rispetto al 2019) e cresce l’attenzione a voler investire in modo finalizzato, con scelte che siano di sostegno allo sviluppo del Paese (17%, +2% rispetto al 2019), o che pongano al centro l’attenzione dall’impatto sociale e ambientale (22%). (AGI)
Con Recovery aumenta fiducia nella Ue
Il 'cambio di passo' del Recovery fund fa crescere la fiducia degli italiani nell'Unione europea (il 57% degli si fida ora dell'Ue) e nelle potenzialità dell'euro. Dall’indagine emerge come "la drammaticità della situazione" legata alla pandemia generi un desiderio di agire con urgenza rispetto ai problemi dell'oggi. Le priorità su cui puntare sono chiare agli italiani: fornire migliori opportunità di lavoro ai giovani (importante per il 54%) e realizzare un sistema sanitario adeguato (48%).
In generale, ciò che si richiede è "una crescente attenzione a welfare, responsabilità sociale, formazione, innovazione: su questi aspetti si dovrebbero concentrare gli impegni dell'agenda governativa, in modo da favorire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, soprattutto in un periodo impegnativo come questo".
L'Unione Europea, sottolinea l'indagine, "ha rappresentato un valido aiuto per l'Italia durante l'emergenza Covid, determinando un'impennata nel livello di fiducia, con dei riverberi sul livello di soddisfazione per l'Euro". Il Recovery Fund "ha determinato una svolta nel rapporto tra l'Italia e l'Europa, che è stata l'unico soggetto internazionale, insieme alla Bce, a essere percepito come vicino". Questo ha fatto crescere il livello di fiducia negli ultimi mesi (57% degli italiani si fida ora dell'Ue).
Anche guardando ai prossimi 5 anni, per il 62% della popolazione, permane l'aspettativa che l'Unione Europea andrà nella giusta direzione. E ciò ha accelerato anche il processo di "apprezzamento" della moneta unica da parte degli italiani, trainando l'ulteriore risalita del livello di soddisfazione, per quanto vi sia ancora una certa prevalenza di critici (54%). I soddisfatti per l'Euro sono cresciuti di 11 punti in 5 anni (da 2014 in cui erano il 26% al 2019 in cui raggiungevano il 37%), e sono aumentati di ben 9 punti in un anno, raggiungendo nel 2020 il 46%.
Di conseguenza, più di due terzi degli italiani (68%) sposa appieno l'idea che l'uscita dell'Italia dall'Unione europea sarebbe un errore imperdonabile e il 57% ritiene che, in una prospettiva lunga 20 anni, è meglio essere nell'Euro piuttosto che avere una propria divisa nazionale, preferita solo dal 27%.
Ricostruzione post Covid punti su giovani e sanità
La ricostruzione "post Covid" dovrà tenere conto di due istanze importanti, che coinvolgono la guida e l'amministrazione dello Stato, i cittadini, le imprese: "perseguire con convinzione un sentiero di sviluppo sostenibile e offrire formazione soprattutto ai giovani, per contrastare la povertà educativa". In questo contesto i corpi intermedi (76%), e in particolare le associazioni di volontariato (86%), possono offrire un contributo importante e utile di conoscenza e di capacità di incanalare le azioni nel modo più efficiente.