AGI - Circa un milione di posti di lavoro potrebbero essere persi dalle pmi tra l'inizio e la fine del 2020, per l'effetto della crisi Covid unitamente al prossimo sblocco dei licenziamenti, "destinato a presentare un conto pesante per l'occupazione italiana, che potrebbe ulteriormente aggravarsi se nuovi lockdown anche circoscritti o parziali dovessero verificarsi nelle prossime settimane". A lanciare l'allarme è la Fondazione studi dei consulenti del lavoro nell'indagine 'Crisi, emergenza sanitaria e lavoro nelle Pmi', che sarà presentata al Festival del Lavoro in programma oggi e domani. Spiega l'analisi: si tratta di "un bilancio pesante per 1,5 mln di aziende con meno di 250 addetti i cui organici potrebbero contrarsi di circa il 10%".
L'adeguamento alle norme di sicurezza per fronteggiare l'emergenza Covid-19 - è la riflessione - ha rappresentato uno sforzo importante per tante piccole e medie realtà che hanno dovuto riorganizzare spazi, logistica, procedure e lavoro. Alla luce del riesplodere della pandemia, sono diverse le criticità che le aziende si troveranno ad affrontare. Stando ai dati, sebbene il 59% dei consulenti reputi che le aziende siano ad oggi attrezzate in materia di prevenzione (dispositivi di protezione, sanificazione ambienti, etc), queste non sarebbero comunque pronte a dover gestire nuove situazioni emergenziali.
Il rischio che l'escalation dei contagi da Covid-19, pur in assenza di un lockdown nazionale, possa essere devastante per imprese e lavoro è molto elevato, potendo portare alla chiusura 2 imprese su 10 di quelle ad oggi aperte, sottolinea ancora la Fondazione. Secondo l'analisi - svolta presso un campione di 5.000 consulenti del lavoro tra il 22 settembre e il 19 ottobre, in due diverse tranche - di fronte al crescere della curva dei contagi, le pmi italiane dovranno ritornare ad una gestione straordinaria, soprattutto per quanto riguarda il management delle risorse umane.
Nel dettaglio, il 31,8% dei consulenti del lavoro individua tra il 10 e 20% la quota di imprese che potrebbero interrompere la propria attività a seguito di nuovo picco pandemico e inasprimento delle misure restrittive; il 48,4% formula previsioni ancora peggiori, individuando tra il 20 e 30% (il 26,9%) e superiore al 30% (21,5%). Solo il 19,8% si colloca sotto la soglia del 10%.
La situazione appare molto differenziata a livello geografico, pur nell'ambito di previsioni molto negative. Se al Nord, e in particolare al Nord Est, la netta maggioranza degli intervistati reputa che anche nel peggiore dei casi, la quota di aziende che si troverebbe costretta ad interrompere le proprie attività non supererebbe il 20%, al Centro e soprattutto al Sud, la situazione si presenta più critica: la maggioranza degli intervistati prevede il rischio di chiusura per più del 20% delle aziende La situazione di difficoltà in cui versano già moltissime piccole e medie imprese, richiede, per i Consulenti del Lavoro, misure straordinarie a loro sostegno, in grado di supportarle economicamente e salvaguardarne i livelli occupazionali.
Il 56,6% degli intervistati indica al primo posto l'urgenza di fornire contributi a fondo perduto per sostenere l'attività; a seguire, il 53,2% la proroga degli ammortizzatori sociali e il 51,9% la sospensione delle scadenze fiscali. Interventi importanti, a fronte dei quali altre possibili misure di incentivo e supporto, quali contributi per sostenere i costi della sicurezza o riorganizzare le aziende in modalità agile appaiono del tutto residuali.