AGI - Sei anni di reclusione, una multa da 2,5 milioni ciascuno, il risarcimento delle parti civili ammesse, l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e dalle cariche direttive nelle imprese per 2 anni. E’ la condanna che il Tribunale di Milano, seconda sezione penale presieduta dalla giudice Flores Tanga, ha inflitto agli ex vertici di Mps, Alessandro Profumo (allora presidente, ora numero uno di Leonardo) e Fabrizio Viola (allora a.d.); tre anni e sei mesi per l’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori.
La sentenza arriva dopo 22 udienze in primo grado, nelle quali l’accusa, condotta dai pm Mauro Clerici, Giordano Baggio e Stefano Civardi, ha sempre chiesto l’assoluzione per tutti i capi di imputazione.
Contestati l'aggiotaggio e le false comunicazioni
La Corte invece, questa sera - nell’aula appositamente predisposta alla Fiera Milano City - ha condannato i vertici dell’istituto per aggiotaggio relativamente ai bilanci dal 2012 al primo semestre 2015, e per la le false comunicazioni, con cui di fatto sarebbe stato manipolato il mercato, solo per l’ultimo semestre del 2015.
Secondo i giudici, infatti, quest’ultimo reato è prescritto riguardo al 2012 (è intervenuta nel frattempo una legge che lo ha derubricato e ha riformato la pena) e non sussiste per le gestioni 2013-2014. In sostanza la Corte ha inflitto la condanna solo per l’aggiotaggio, valutando che le informazioni sui bilanci dell’istituto di credito senese diffuse dalla banca durante quel periodo hanno tratto in inganno risparmiatori, azionisti e soci.
In un processo parallelo, per le stesse vicende, era già stato condannato a 7 anni e 6 mesi anche l'ex presidente Giuseppe Mussari, massima carica del Monte durante la gestione precedente.
Al centro dell’intricata vicenda finanziaria e giudiziaria ci sono sempre state le operazioni Alexandria e Santorini sottoscritte da Mps con Deutsche Bank e Nomura durante la gestione Mussari. L’ipotesi accusatoria era che quei derivati sarebbero serviti a coprire la perdita di 2 miliardi di euro dovuta all'acquisto di Antonveneta.
Con la sentenza di stasera, la Corte ha stabilito che non solo l’ex presidente Massari, ma anche Profumo e Viola hanno dato una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale della banca, grazie alla contabilizzazione “a saldi aperti” dei derivati, mentre sarebbe stata corretta una contabilizzazione “a saldi chiusi”.
Mentre la procura dal canto suo voleva scagionarli sostenendo che “il nuovo management aveva anzi evidenziato le perdite e aveva pubblicato una nota integrativa per spiegare gli effetti sul bilancio di Mps di una eventuale contabilizzazione ‘a saldi chiusi’”. Per i pm Viola e Profumo, questa precisazione, avrebbe “svelato che le operazioni occultavano la perdita”.
Già in fase di indagine, nell’agosto 2016, la Procura aveva chiesto l’archiviazione, convinta dell’innocenza degli indagati. E’ stato per la caparbietà di alcuni piccoli azionisti che il percorso processuale è andato avanti: opponendosi alla richiesta di archiviazione per le posizioni di Viola e Profumo, le parti civili erano riuscite ad ottenere dal gip di Milano, Livio Cristofano l'imputazione coatta (archiviate le posizioni di altri 8 indagati).
I sostituti procuratori, davanti alla gup Alessandra Del Corvo, a quel punto, avevano dovuto procedere con la richiesta di rinvio a giudizio. Al termine del dibattimento, nella loro requisitoria, i magistrati avevano comunque confermato la loro impostazione chiedendo l’assoluzione.
Per i risparmiatori una 'sentenza storica'
“In questo processo, di fatto, l’accusa è stata portata avanti solo dalle parti civili”, ha rivendicato dopo la lettura del dispositivo l’avvocato Mauro Minestroni, che insieme al legale Emilio Falaschi, ha strenuamente cercato di arrivare al primo grado, ottenendo di fatto una sentenza che ritiene “storica” per i risparmiatori: “Siamo felici per la città di Siena, che sta soffrendo e per tutti i risparmiatori italiani, perché la giustizia è arrivata. I cittadini hanno bisogno di credere che esista”, ha proseguito.
Quindi ha ricordato il ruolo del procuratore generale Paolo Felice Isnardi che si è opposto all’iniziale richiesta di archiviazione, avocando il fascicolo e consentendo di andare all’udienza preliminare: “Questo processo non si sarebbe mai celebrato se non fosse stato per persone come lui, che credono nella giustizia”. Oltre 4mila le parti civili - tra cui l’associazione per il “Buon governo della città di Siena - non tutte ammesse ai risarcimenti.
Fra loro anche una famiglia di Dairago, nel Varesotto, con una figlia disabile grave a carico, che aveva investito 800mila euro derivanti dai risarcimenti ottenuti per la malattia della ragazza e che ha visto andare in fumo tutti i risparmi.
Dopo la sentenza di stasera i risarcimenti saranno cospicui, visto che la Corte ha disposto la liquidazione in solido da parte degli imputati e del responsabile civile, ossia la stessa banca. Rocca Salimbeni inoltre dovrà pagare una multa da 800mila euro e le spese processuali.
La difesa ha già annunciato il ricorso in appello
Dal canto suo la difesa dei top manager Profumo e Viola è già convinta di andare in Appello: “Una sentenza sbagliata - secondo l’avvocato Adriano Raffaelli - leggeremo con attenzione le motivazioni e ricorreremo. Abbiamo sempre creduto nel corretto operato dei nostri assistiti”. Fonti legali hanno comunque fatto sapere che la condanna, non essendo definitiva, non ha impatto sugli attuali incarichi di Profumo in Leonardo.
Tra i grandi accusatori il consulente di parte civile ed ex banchiere Giuseppe Bivona, presente in aula: “Profumo e Viola hanno una responsabilità al quadrato. Questa vicenda è la Ustica della finanza”. “Mi chiedo - ha proseguito - come mai gli attuali vertici non si siano costituiti. La presidente Maria Patrizia Grieco batta un colpo per difendere gli interessi della banca”.