AGI - Huawei è pronta a vendere Honor. Anzi no. Anzi forse. Tra indiscrezioni e smentite da un mese si rincorrono le voci che il colosso cinese potrebbe 'liberare' il suo spin-off dedicato al pubblico più giovane e che negli ultimi anni è diventato un protagonista di peso non solo nel mercato degli smartphone, ma anche degli indossabili e dei pc portatili.
'Liberare' e non 'liberarsi', perché Honor sta subendo 'de relato' le conseguenze della guerra scatenata dalla Casa Bianca contro Huawei. Un'offensiva che prende le mosse dal 5G e, arrivando fino al bando all'uso dei servizi di Google prima e delle componenti sviluppate con tecnologia americana poi, sta costringendo la casa di Shenzhen a muoversi in un perimetro sempre più ristretto.
Secondo Reuters, quella della vendita sarebbe più che un'ipotesi, tanto che Huawei sarebbe già in trattative con Digital China (che non a caso è distributore di Honor) per un passaggio di mano del valore di 3,7 miliardi di dollari.
Huawei così punterebbe a concentrarsi sui suoi telefoni di fascia alta e lascerebbe non solo il marchio di Honor, ma le capacità di ricerca e sviluppo del brand e la relativa attività di gestione della catena di approvvigionamento.
Ma Digital China non è l'unico nome che si fa come potenziale acquirente: il lizza ci sarebbero anche TCL e un altro colosso cinese: Xiaomi.
In ogni caso, secondo gli analisti, sarebbe una partita win-win sia per Huawei che per Honor. “Se Honor è indipendente da Huawei, il suo acquisto di componenti non sarà più soggetto al divieto statunitense su Huawei" afferma Kuo Ming-chi, di TF International Securities.
Il motivo per cui Huawei non venderebbe la sua quota smartphone è che top di gamma come la serie P e la serie Mate (a giorni è attesa la presentazione del nuovo Mate 40 senza i Google mobile services e, soprattutto, forse l'ultimo a montare il processore proprietario Kirin) hanno ancora un ottimo mercato in Cina, ma anche in Russia e i tutti quei Paesi asiatici in cui l'assenza delle app di Google non è vissuta come un particolare handicap. Ma anche perché Honor ha da tempo una struttura indipendente, con un Ceo e una struttura di marketing e distribuzione a sé.
E anche se la catena di approvvigionamento è la stessa e i modelli differiscono di poco, il brand è più che pronto a camminare sulle proprie gambe non solo in patria ma anche nelle numerose sedi estere.
In buona sostanza Huawei non venderebbe Honor per salvarla, ma per tirarne fuori valore, finché ne ha, rifiatare, snellirsi e ricompattarsi attorno al core business da salvare. Ma soprattutto prima che esauriscano i componenti sotto bando indispensabili per la produzione dei telefoni Honor quanto di quelli Huawei.