AGI - Roma, 28 ago. - Uno dei temi che ha caratterizzato il mandato da record di Shinzo Abe da premier del Giappone è stato quello dell'economia. Il più longevo primo ministro del Paese del Sol Levante è infatti diventato famoso anche per la sua 'Abenomics'.
L'accordo con la BoJ
Per far ripartire l'economia giapponese, la terza del mondo, Abe, tornato al governo nel 2012 dopo un primo mandato nel 2006-2007, ha cercato un'intesa con la Bank of Japan. La banca centrale, su sua spinta, ha allentato i cordoni della borsa e dato avvio a una politica monetaria fortemente espansiva. L'obiettivo era stimolare i consumi (il Giappone ha vissuto una lunga parentesi deflattiva) e le attività imprenditoriali. Le politica della BoJ hanno aiutato la competitività del Paese, indebolendo lo yen, ma non hanno centrato gli obiettivi sull'inflazione, come del resto è successo in questi anni anche alle altre banche centrali.
Gli stimoli del governo
Secondo pilastro della Abenomics era un programma di spese e stimoli da parte del governo. Dal 2013 a oggi l'esecutivo di Abe ha speso centinaia di miliardi di dollari, in particolare per modernizzare le infrastrutture e per preparare il Paese alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Al tempo stesso, tuttavia, la massiccia spesa pubblica non è stata sempre sufficiente a riportare su un percorso di crescita costante il Giappone, con il Pil che si è contratto nel 2014-2015 e nuovamente nel 2020: il Paese è entrato in recessione prima ancora della crisi del coronavirus.
A frenare il rilancio dell'economia, l'andamento timido dei consumi legato all'età avanzata della popolazione e ai due rialzi delle tasse del 2014 e del 2019, necessari per far fronte a un debito pubblico che è il più alto al mondo in rapporto col Pil.
Le (mancate) riforme
Il terzo cardine dell'Abenomics sono riforme strutturali, a partire da quella del mercato del lavoro. Da questo punto di vista, tuttavia, secondo gli analisti l'obiettivo non è stato centrato e i tentativi di cambiare un modello che deriva dal boom seguito alla Seconda Guerra Mondiale e di promuovere una maggior flessibilità sono stati troppo lenti.