Huawei si sta preparando all’impatto con le sanzioni Usa. Ma il giro di vite dell’amministrazione americana rischia di stravolgere tutta la filiera dei produttori di chip e degli smartphone, con effetti drammatici su molte aziende del settore, alcune delle quali potranno essere costrette a chiudere i battenti. È questa il sospetto avanzato da alcuni analisti al Financial Times.
Gli Usa hanno puntato Huawei perché sospettano sia una minaccia alla sicurezza nazionale. La Casa Bianca ha impedito alle aziende americane di rifornire senza autorizzazione il colosso cinese di chip e semiconduttori, elementi chiave per la produzione di smartphone. Senza queste tecnologie gli analisti ritengono che Huawei potrebbe presto finire le sue scorte ed essere tagliata fuori dal mercato della tecnologia 5G e degli smartphone.
Scopo raggiunto quindi, ma il conto da pagare rischia di essere salato. Perché sarà difficile evitare che l'impatto lo subiscano anche le aziende americane che finora hanno fatto affari col colosso cinese. Nessun azienda americana infatti, da Nvidia a Intel, potrà più vendere chip alla Cina: rischia così di saltare un mercato da decine di miliardi di dollari. Forse troppo anche per i giganti tecnologici Usa.
Il mercato tra America e Cina è così tanto intrecciato che è difficile recidere tutti i fili d’un colpo. E questa interdipendenza nel settore tecnologico è assai più evidente.
Un analista di Jefferies per esempio ha calcolato che Huawei è il secondo cliente al mondo di Sony per acquisto di sensori ottici (il primo è Apple); quindi da sola rappresenta oltre il 20% del fatturato di Sony in quel settore. Rischia quindi il collasso l’intera supply chain tecnologica mondiale.
Davanti a questo scenario diverse aziende hanno però cominciato a trovare soluzioni. La strada più percorsa al momento è tentare di creare due diverse catene di approvvigionamento tra Usa e Cina. Produttori di tecnologia hardware per esempio hanno cominciato a spostare fuori dalla Cina una parte della produzione.
Come Quanta Computer, fornitrice di servizi per Google e Amazon, che ha ‘delocalizzato’ una parte produzione di server per il cloud computing a Taiwan per continuare indisturbata a fare affari con gli Usa.
Stesso discorso per Foxconn, il più grande fornitore di Apple. Il suo presidente Liu Young-way si è detto convinto che l’economia globale si riequilibrerà su due supply chain: “Ce ne sarà una per la Cina e una per gli Usa e i loro amici”. Il messaggio è chiaro: il commercio inventerà ancora nuove strade per proseguire, al di là delle posizioni di bandiera.