Il Consiglio europeo ha varato un pacchetto da 1800 miliardi di euro volto a stimolare la ripresa economica de Vecchio Continente. Da dove viene il denaro? Come viene suddiviso? E chi controllerà la sua erogazione? Ecco una sintesi di quanto deciso a Bruxelles. E dei problemi all’orizzonte.
Il pacchetto complessivo
È fatto di due parti: quello composto dal bilancio pluriennale Ue dal 2021 al 2027 e quello del Recovery fund proposto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Secondo il progetto, il bilancio Ue dovrà avere nei sette anni un volume pari a 1074 miliardi di euro, da finanziare prevalentemente attraverso i contributi netti degli Stati membri dell’Unione. Il piano per la ripresa economica invece è pari a 750 miliardi di euro, ossia quanto proposto da Von der Leyen. Si tratta di 250 miliardi di euro in più rispetto alla proposta originaria presentata a metà maggio dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron.
Sovvenzioni e crediti
Dei 750 miliardi euro previsti, 390 miliardi verranno erogati sotto forma di sovvenzioni, che non dovranno essere ripagati dai Paesi destinatari, mentre 360 miliardi di euro verranno distribuiti sotto forma di crediti. Il rapporto tra sovvenzioni e crediti in questo modo si è spostato, nel corso delle trattative, a danno delle sovvenzioni. Infatti, sia la Commissione che l’iniziativa franco-tedesca avevano proposto 500 miliardi in forma di sovvenzioni. Di contro, i Paesi cosiddetti “frugali” – ossia Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, a cui durante il Consiglio si è aggiunta la Finlandia – hanno insistito a lungo sul fatto che dovessero essere previsti esclusivamente dei crediti. Alla fine su questo sono stati costretti a cedere.
Come viene finanziato il Recovery fund?
Per la prima volta è prevista una forma di condivisione del debito. La Commissione europea a tale scopo può emettere titoli comuni sui mercati finanziari. Gli Stati membri non devono erogare soldi, ma solo esprimere una garanzia rispetto al fatto che nel caso di necessità sostengano i titoli. La Germania, per esempio, è garante per circa 200 miliardi di euro. Il debito complessivo di 750 miliardi di euro dovrà essere ripagato dall’Ue entro la fine del 2058, ma si inizierà a farlo ancora all’interno dell’attuale esercizio di bilancio settennale, ossia prima del 2028. Come questo debba accadere dipenderà essenzialmente da come si finanzia l’Ue: con maggiori contributi nazionali degli Stati membri, una riduzione di rispettivi bilanci oppure attraverso nuove fonti di reddito.
È un passo cruciale verso l’unione fiscale?
La condivisione del debito fa sì che la Commissione diventi il decisivo attore nella politica finanziaria dell’Ue. Inoltre, i mezzi previsti dal fondo vengono amministrati in modo diversi rispetto, per esempio, alle somme previste dal Mes (Meccanismo europeo di stabilità), che sottosta al controllo dei singoli Stati membri: né la Commissione, né l’Europarlamento vi hanno accesso. Al contrario, il Recovery fund soggiace alla legislazione Ue. Dato che è la Commissione ad ottenere nella sostanza il controllo sull’utilizzo degli aiuti, si ritiene che essa potrà diventare una specie di “tesoreria europea”, come da tempo richiede la Francia.
Come saranno suddivisi gli aiuti e come verranno utilizzati?
Il progetto originario del Recovery fund prevedeva che i 750 miliardi fluissero solo in parte nel pacchetto, il qualche doveva comprendere 560 miliardi di euro, di cui 310 miliardi da erogare sotto forma di sovvenzioni. Con il resto del denaro la Commissione intendeva finanziari piani specifici, per esempio a favore della difesa del clima e la ricapitalizzazione delle aziende più colpite dalla crisi. Questa struttura è stata modificata durante il Consiglio europeo: per il fondo volto alla ripresa sono previsti 672,5 miliardi, di cui 312,5 miliardi in sovvenzioni. Gli altri programmi sono stati tagliati, il fondo per le ricapitalizzazioni è stato cancellato del tutto. Questo fa sì che gli Stati destinatari nonostante il taglio delle sovvenzioni non otterranno meno soldi del previsto: la Francia, per esempio, otterrà circa 40 miliardi di euro, mentre i principali destinatari rimangono l’Italia, la Spagna e la Polonia. Il governo italiano ha calcolato che il nostro Paese otterrà 81 miliardi in sovvenzioni e 127 miliardi in crediti.
Ci sono le condizionalità oppure no?
L’idea alla base del pacchetto non è solo quella di favorire il ritorno alla crescita economica dopo la crisi dovuta all’impatto della pandemia, ma anche quello di preparare i Paesi membri ad affrontare al meglio il futuro: una buona parte delle risorse, circa il 30%, sarà destinata per esempio alla difesa del clima, altre sono alla digitalizzazione. A questo scopo i singoli Paesi Ue devono presentare dei piani di riforma in cui espongono come verranno utilizzati gli aiuti, dovendosi però orientare alle raccomandazioni date dalla Commissioni secondo le modalità previste dal semestre europeo: si tratta del procedimento regolare secondo il quale vengono coordinate le misure di politica economica dei Paesi Ue.
In che misura altri Paesi Ue possono controllare le riforme degli Stati destinatari?
In origine la Commissione intendeva controllare da sola i piani di riforma e l’erogazione degli aiuti previsti dal fondo. Ma questa idea è stata duramente contestata dall’Olanda, tanto che all’inizio del vertice il premier Mark Rutte aveva preteso il diritto di veto. Stando al compromesso passato alla fine dopo un negoziato durissimo, gli Stati sono chiamati ad accettare i vari piani di riforma in base a maggioranza qualificata. Se poi un Paese ha ancora dei rilievi, può sottoporre la questione al Consiglio Ue: il che, secondo alcuni osservatori, assomiglierebbe non poco ad un diritto di veto, anche se si ritiene estremamente improbabile che qualcuno vi farà mai ricorso.
Il Recovery fund viene collegato al rispetto dello stato di diritto?
È quanto proposto dalla Commissione: nel caso di violazioni dello stato di diritto potevano essere tagliati gli aiuti previsti dal Recovery fund, ma anche i mezzi previsti dal bilancio Ue. Si trattava di un provvedimenti diretto principalmente all’Ungheria e alla Polonia, che avrebbero potuto ricorrere contro tale misura solo se riuscivano a mettere in piedi una maggioranza qualificata. Ebbene, questa proposta è stata tolta dal tavolo, dato che il premier ungherese Viktor Orban aveva minacciato – con il sostengo di Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia - di bloccare l’intero pacchetto. Il testo finale contiene ancora un passaggio in cui viene citato lo stato di diritto, ma è rimasto molto vago.
Che dimensioni hanno i contributi nazionali al bilancio Ue?
a Brexit ha causato un vuoto nel bilancio Ue che dovrà essere riempito dagli altri Paesi membri. A cominciare dalla Germania, che dovrà partecipare con un contributo ben più alto. Sulla base della proposta della Commissione, il contributo netto tedesco aumenterebbe da 13,5 miliardi a 23,5 miliardi. In compenso, i “fugali” ottengono sconti non indifferenti: l’Austria con 565 milioni di euro vede raddoppiare il proprio sconto, mentre i Paesi Bassi ottengono uno sconto di 1,921 miliardi.
Quali sono gli ultimi passaggi del pacchetto Ue?
Secondo il progetto, gli aiuti dovrebbero essere disponibili già all’inizio del 2021, ma alcune forze politiche, con varie argomentazioni, hanno già chiesto ulteriori trattative: il fatto è che il pacchetto Ue, comprensivo di bilancio pluriennale e Recovery fund, deve ancora essere varato sia dall’Europarlamento Parlamento europeo che dai parlamenti nazionali. (AGI)