AGI - Il denaro rende più felici ora rispetto agli anni ’70, visto il crescente costo della vita che rende più difficile per le persone con reddito inferiore l’accesso a servizi di base. A sottolinearlo in un articolo pubblicato sulla rivista The Conversation gli esperti della San Diego State University, che hanno analizzato i fattori in grado di determinare il grado di benessere, e gli autori affermano che la felicità aumenta proporzionalmente con il guadagno, almeno fino a circa 66mila euro l’anno, dopo le entrate non fanno molta differenza.
“Il detto sostiene che i soldi non diano la felicità – afferma Jean Twenge, docente di Psicologia presso la San Diego State University – ma il nostro studio dimostra una connessione profonda tra il denaro e il benessere”.
Il team ha analizzato oltre 40mila adulti statunitensi di età pari o superiore a 30 anni e i dati si riferiscono al periodo compreso tra il 1972 e il 2016, per cui gli autori sostengono di aver avuto modo di verificare i cambiamenti temporali.
La comparazione con gli Anni Settanta
“Abbiamo analizzato le tendenze di felicità valutando gli obiettivi di classe – continua l’autrice – in particolare reddito e istruzione. Dai risultati emerge che negli anni ’70 gli adulti con e senza un diploma universitario avevano circa il 40 percento di probabilità di dire di essere ‘molto felici’, mentre nel 2010 solo il 29 percento dei non laureati si dichiarava ‘molto felice’, rispetto al 40 percento dei laureati”.
Gli esperti spiegano che le cifre sono molto simili anche per quanto riguarda il reddito, con una diminuzione della percezione di felicità tra coloro che guadagnavano meno negli anni ’70 rispetto al nuovo millennio, mentre il colore della pelle poteva influire notevolmente. “Gli adulti che guadagnano da 140mila euro all’anno nel 2020 – continua Twenge – riportano percezione di felicità più elevata rispetto a chi guadagna tra 100mila euro annualmente. Questo perché la disparità di reddito è cresciuta: oggi, il CEO di un’azienda guadagna uno stipendio circa 271 volte più elevato rispetto a un lavoratore, mentre nel 1978 era circa 30 volte più elevato”. La docente aggiunge che una volta era possibile acquistare una casa e sostenere una famiglia con un'istruzione superiore, mentre ora è sempre più difficile visto il divario più netto tra agiati e meno agiati, con meno individui che rientrano nella fascia media.
“Il costo di molte esigenze chiave – precisa l’autrice – compresa l’edilizia abitativa, l’istruzione e l’assistenza sanitaria, è aumentato, mentre i salari non si sono riallineati. Anche i tassi di matrimonio erano meno differenziati in base alla classe negli anni ’70, mentre oggi le persone con livelli di reddito e istruzione più alti presentano probabilità maggiori di sposarsi, il che porta a una maggiore probabilità di essere ‘molto felici’”. I ricercatori spiegano che le persone non maritate avevano maggiori probabilità di incorrere in “morti da depressione”, causate da suicidi o overdose di droga.
“Il divario di classe – conclude Twenge – potrebbe essere ancora più evidente a seguito della pandemia da COVID-19, dal punto di vista non solo economico ma anche psicologico. I politici stanno iniziando ad essere consapevoli di questo problema, sostenendo le iniziative che promuovono l’idea di un reddito di base. Speriamo che in futuro questa disparità possa appianarsi, dato che possono influire sul benessere e la felicità della nazione”.