AGI - Entro il 2021 la Pa italiana potrebbe avere più pensionati che dipendenti, per il continuo calo del personale e un equilibrio fra ingressi e uscite che, nonostante lo sblocco del turnover, non è ancora stato raggiunto. È quanto evidenzia la ricerca sul lavoro pubblico presentata oggi in apertura di “Forum Pa 2020 – Resilienza digitale”, la manifestazione dedicata ai temi dell’innovazione e della trasformazione digitale come risposta alla crisi, organizzata da Fpa, società del Gruppo Digital360, che si apre oggi fino all’11 luglio in un’edizione totalmente online.
A fronte di 3,2 milioni di impiegati pubblici italiani (in termini assoluti il 59% in meno di quelli francesi, il 65% di quelli inglese, il 70% di quelli tedeschi) i pensionati pubblici sono già 3 milioni. Un numero in crescita costante e destinato a salire perché i “pensionabili” oggi sono molti: 540mila dipendenti hanno già compiuto 62 anni di età (il 16,9% del totale), mentre 198mila hanno maturato 38 anni di anzianità.
Uscite accelerate anche da quota 100
La pensione anticipata è stata parzialmente accelerata da Quota 100, nel 2019 sono uscite anticipatamente dalla PA 90 mila persone, ma è comunque prassi comune: il 57,7% dei pensionati pubblici attuali ha optato per il ritiro anticipato, solo il 13,7% per raggiunti limiti di età (mentre questa percentuale è il 20% nel privato e il 28% negli autonomi). Risultato: solo dal 2018 a oggi sono andati in pensione 300mila dipendenti pubblici a fronte di circa 112mila nuove assunzioni e 1.700 stabilizzazioni di precari, nel solo 2018.
Pochi concorsi e procedure lente
C’è lo sblocco del turnover, ma le procedure sono lente e la media dei tempi tra emersione del bisogno e effettiva assunzione dei vincitori dei concorsi è di oltre 4 anni. E così, con in più il blocco imposto dal covid-19, da settembre del 2019 ad oggi sono state messe a concorso meno di 22mila posizioni lavorative: di questo passo ci vorrebbero oltre dieci anni a recuperare i posti persi.
Pa sempre più anziana, solo 2,9% under 30
La fotografia tracciata dall’indagine di Fpa è quella di una Pa anziana, in cui l’età media del personale è di 50,7 anni, con il 16,9% di dipendenti over 60 e appena il 2,9% under 30. Una Pa in cui 4 dipendenti su 10 hanno la laurea, ma gli investimenti in formazione – necessari per aggiornare competenze e conoscenze - si sono quasi dimezzati in dieci anni, passando dai 262 milioni di euro del 2008 ai 154 milioni del 2018: 48 euro per dipendente, che consentono di offrire in media un solo giorno di formazione l’anno a persona.
Con smart working 30% risparmi di consumi
In questo scenario, c’è un’importante novità: il ricorso (forzato) allo smart working durante l’emergenza covid-19 per la gran parte dei dipendenti pubblici è stata un’esperienza positiva, che ha portato - secondo un recente sondaggio di FPA - in qualche caso addirittura a un aumento di produttività: per 7 lavoratori su 10 è stata assicurata totale continuità al lavoro, per il 41,3% l’efficacia è persino migliorata; per il 61% la nuova cultura di flessibilità e cooperazione prevarrà anche finita l’emergenza. Ma lo Smart Working ha significato anche una notevole riduzione di sprechi, quantificabili in 135 milioni di ore di spostamenti in meno nei tre mesi di lockdown, pari a 1 miliardo di km non percorsi, 400 milioni di euro di benzina risparmiati e 127mila tonnellate di Co2 in meno nell’atmosfera, oltre al 30% di costi in meno a carico della Pa tra consumi energetici, gestione delle mense e pulizie dei locali.
Percentuale smart working tarata su natura amministrazione
"Puntiamo a mantenere lo smart working non in maniera ordinaria come nella fase emergenziale, ma tra qui e fine anno per il 50% dei lavoratori che svolgono attività eseguibili in modalità agile. E da gennaio al 60% attraverso il Pola" (Piano organizzativo del lavoro agile). Ha spiegato il ministro per la Pa, Fabiana Dadone, intervenendo in apertura del Forum e sottolineando che "non si può dare dall'alto una percentuale fissa per tutti, va calata sulla diversa natura delle varie amministrazioni, anche sul diverso livello di digitalizzazione". Secondo Dadone bisogna "responsabilizzare il dirigente che deve individuare le attività eseguibili in modalitàagile. Non c'è nulla di centralizzato o burocratico. Il processo va poi improntato sul risultato". (AGI)