"Per Eni ci sarà un'accelerazione del Piano di transizione energetica, un piano di trasformazione che coinvolge tutti i nostri asset, dalle raffinerie, delle quali due le abbiamo già trasformate in bio raffinerie, alla chimica". Lo ha detto l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, intervistato a 'Idee per il dopo' su Sky Tg24.
"Questo piano", ha aggiunto, "dovrà essere accelerato, anche perché dobbiamo allontanarci dalle fluttuazioni di un mercato altamente volatile, e non a causa del Covid, che ha solo enfatizzato una volatilità che durava da anni. Per noi, accelerare la trasformazione è un'opportunità e un'urgenza, con l'obiettivo di ridurre le emissioni in linea con l'obiettivo di temperatura (climatica) della Cop21".
Secondo Descalzi, "gli Stati Generali sono stati un importante momento di comunicazione, di ascolto e di scambio con il Governo. Quando si fanno gli investimenti per una trasformazione", ha osservato, "bisogna mantenere la parte infrastrutturale il più intatta possibile, ma è anche fondamentale avere un quadro legislativo e regolatorio a livello italiano ed europeo a protezione della trasformazione e che ne riduca i rischi. Questa è stata una delle parti che si sono discusse in modo approfondito, durante quasi sei ore di incontro, agli Stati Generali".
Il Covid, ha proseguito Descalzi, "ha enfatizzato la necessità di andare verso la transizione energetica in modo molto più accelerato rispetto ai piani originali di Eni e dell'industria dell'oil&gas in generale. Negli ultimi sei anni abbiamo investito come Eni oltre 4 miliardi di euro in tecnologie proprietarie, alcune già realizzate, e abbiamo tutte le possibilità e gli strumenti per compiere questa accelerazione". Per Descalzi, "il tema delle disuguaglianze è fondamentale. Una società che tende ad aumentare il livello di disuguaglianza", ha rilevato, "è una società che non può innovare e applicare le nuove tecnologie. Quando ci sono problemi esistenziali le persone sono concentrate sul quotidiano, mentre noi abbiamo bisogno di essere concentrati sul futuro. Per combattere le disuguaglianze è fondamentale il pragmatismo: pensare è importante, ma non va bene entrare in un labirinto di pensieri. Occorre mettere a terra quello che si pensa, per il bene delle persone, creando uguaglianza e non disuguaglianza. Non si può entrare in un contesto di dibattito e conflittualità continua, perché mentre ci sono i conflitti le disuguaglianze crescono, non diminuiscono. Bisogna occuparsi delle persone, della società e delle aziende con generosità, interesse e pragmatismo", ha concluso.
"Periodo difficile ma siamo ben allenati"
L'epidemia di coronavirus ha rappresentato per Eni "un periodo difficile e complesso" ma "siamo ben allenati", ha proseguito Descalzi. Il top manager ha sottolineato che Eni opera "in molti paesi del mondo con strutture operative permanenti. Tutta la parte operativa", ha osservato, "ha continuato a lavorare, per mantenere in sicurezza gli impianti e garantire la continuità delle attività. Veniamo da decenni di pandemie in diversi Paesi asiatici e africani e abbiamo sviluppato un sistema di procedure definito, un sistema di formazione del personale operativo e un'organizzazione di rotazione del personale, e negli ultimi sei anni abbiamo creato anche un controllo centralizzato delle attività attraverso la digitalizzazione di tutte le componenti meccaniche e tecniche dei nostri impianti".
L'epidemia, ha rilevato Descalzi, "non ha colpito tutti i Paesi nello stesso momento, quindi operiamo in Paesi che vi sono appena entrati e Paesi che ne stanno uscendo, una situazione molto variegata che ci tiene sotto pressione per mantenere le persone e gli impianti in massima sicurezza. Buona parte dei paesi in cui operiamo vive grazie alle risorse energetiche, le pressioni derivano dall'esigenza di mantenere l'efficienza anche in un momento cosi' critico. Noi siamo bene allenati, la situazione richiede attenzione costante e le nostre persone sono addestrate per questo".
"A livello di scenario", ha proseguito Descalzi, "siamo in presenza di diversi fatti: il Covid, l'andamento dei prezzi e dei consumi, le situazioni di pressione geopolitica come quelle libica, siriana, iraniana e mediorientale. Situazioni che", ha sottolineato, "c'erano già, che stanno proseguendo e talvolta trovano nuovi assetti con nuovi attori che entrano. Molti Paesi produttori di oil&gas vivono di risorse energetiche e già da sei anni erano sotto pressione, prima di cadere nella situazione attuale. La struttura industriale in questi Paesi dovrà assolutamente cambiare, vi dovrà essere una diversificazione. Una diversificazione che per molti di questi Paesi significa autosufficienza in settori come l'alimentare, l'agricolo, il farmaceutico o la stessa energia. Le politiche industriali di diversificazione, dal punto di vista delle tecnologie, della comunicazione, dei rapporti tra centri di ricerca e università, portano una necessaria globalizzazione. Il Covid", ha concluso Descalzi, "ha accentuato la trasformazione futura di alcuni sistemi, e non solo nei Paesi in via di sviluppo".
La globalizzazione non è demone ma una soluzione
"La globalizzazione, in termini di condivisione di idee e fatti, è sicuramente una soluzione. La globalizzazione, per come è strutturata dal punto di vista degli approvvigionamenti, della supply chain, delle interconnessioni, non è un qualcosa che si puo' spegnere o accendere", ha concluso Descalzi. Secondo il top manager, "non c'è nessuno in grado di fare tutto e di essere completamente autosufficiente. Siamo", ha sottolineato, "in un sistema interconnesso, dal punto di vista della ricerca scientifica e della digitalizzazione, con la capacità di mettere a fattor comune idee e soluzioni che possono portare a trovare rimedi. Noi in Africa abbiamo avuto tre cicli di pandemie che sono state curate grazie a un approccio globale. La globalizzazione non è il demone".