Nuova finanza, vecchi schemi. Per oltre un decennio Wirecard è stata il fiore all'occhiello del fintech tedesco. Ha rappresentato la sfrontatezza del nuovo mondo digitale, capace di indicare la strada ai colossi bancari tradizionali, talvolta minacciandone la sopravvivenza stessa. La sua capacità di aggredire il nascente mercato dei pagamenti digitali è diventata presto un modello, osannato nelle conferenze di tutto il mondo. Tutti ne parlavano un gran bene: nessun sospetto, nessuna ombra.
L'ISTANZA DI INSOLVENZA Cinque giorni dopo lo scandalo finanziario per un ammanco di cassa da 1,9 miliardi che ha travolto la società e il suo fondatore, Markus Braun, ceo di Wirecard ha presentato istanza di insolvenza. Il titolo a Francoforte in pochi giorni è passato da un prezzo di 104 euro per azione a tre euro.
Braun è stato arrestato - poi rilasciato su cauzione, 5 milioni - per aver truccato i conti della società falsificandone i proventi. Magheggi che avrebbero gonfiato la liquidità a disposizione, attirando nuovi investitori che la vedevano sana, continuando ad alimentare la bolla. Nuova finanza, vecchi schemi. In questo caso, se le accuse fossero confermate, il più classico schema Ponzi.
LA RISPOSTA TEDESCA ALLA SILICON VALLEY Wirecard doveva essere la risposta tedesca allo strapotere della Silicon Valley sui pagamenti digitali. La PayPal teutonica. Fondata a Monaco nel 1999, il suo business model si basava sulla garanzia dei pagamenti fatti online, incassando un premio per il rischio.
Ha raggiunto negli anni oltre 300 mila clienti, arrivando a capitalizzare 20 miliardi di euro a Francoforte, mentre gli ultimi dati di bilancio hanno visto un fatturato di 2,2 miliardi e un utile netto di 347 milioni. Numeri che di fatto l'hanno resa il colosso del Financial Technology, ma soprattutto un'azienda strategica per la Germania, fondamentale nella lotta ai pagamenti digitali che contrappone Berlino a Londra, e per certi versi anche a Parigi e Milano.
IL RUOLO DELLA BAFIN, L'IMBARAZZO TEDESCO Intorno alla sua vicenda si sono intrecciati interessi politici e geopolitici che oggi imbarazzano non poco il governo teutonico. A cominciare dalla Bafin, la Consob di Berlino, che ha difeso a spada tratta l'azienda dalle inchieste del Financial Times che a ottobre e dicembre 2019 hanno denunciato irregolarità contabili nella divisione di Singapore.
L'azienda, che era già finita nel 2017 nello scandalo Paradise Paper, riuscì ad ottenere lo scudo della Bafin che in quei giorni arrivo' a vietare le vendite allo scoperto sul titolo del gioiello fintech nazionale. Mossa che oggi leva ombre sulle autorità tedesche, sospettate di non aver avuto un atteggiamento indipendente e quindi di non aver tutelato gli investitori.
Il 'watchdog' tedesco ha fallito. E adesso si cerca di correre ai ripari. "Lo scandalo Wirecard è un disastro e una vergogna", ha detto Felix Hufeld, presidente dell'autorità tedesca. Mentre il ministro delle Finanze Olaf Scholz chiede di inasprire le regole. Ammissioni che ora contano poco. Lo scandalo è scoppiato e gli investitori fuggono da Wirecard: lo ha fatto la Bank of China, che come Deutsche Bank ha sospeso le linee di credito. Il colosso del fintech si sta svuotando e la società è avviata verso il fallimento.
STRUMENTI ADEGUATI PER LE AUTORITA' "Lo scandalo Wirecard è un monito a tutti i regolatori", dice all'AGI Antonio Simeone, cofondatore di Euklid e tra i massimi esperti di fintech. "Loro hanno delle colpe oggettive, ma il fintech non c'entra. Si tratta di uno schema classico delle frodi finanziarie, questo pero' rende urgente che le autorità di vigilanza si dotino di strumenti investigativi più adeguati ad individuare per tempo le frodi".
Una strada è stata indicata dalla Sec, l'autorità garante americana: "Hanno assunto centinaia di data scientist che studiano dati sui casi di frode, da qui individuano pattern (ricorrenze, ndr), e controllano in maniera più approfondita. Da loro queste vicende succedono meno di frequente". Ma un'altra soluzione potrebbe arrivare dalla Intelligenza artificiale: "Mettendo tutti i bilanci in un registro distrubuito", prosegue Simeone, "Si potrebbe disegnare una AI in grado di individuare quali sono le situazioni potenzialmente a rischio che, se durature nel tempo, possono portare a problemi sistemici".