AGI - Nello scenario di base delle proiezioni il Pil annuo in termini reali si ridurrebbe dell'8,7 per cento nel 2020, risalendo del 5,2 per cento nel 2021 e del 3,3 nel 2022. È quanto si legge nell'ultimo bollettino della Bce che spiega come rispetto all'esercizio di marzo 2020 condotto dagli esperti della Bce, le prospettive per l'espansione del Pil in termini reali hanno subito una netta revisione al ribasso, pari a 9,5 punti percentuali per il 2020, e al rialzo per il 2021 e il 2022, rispettivamente di 3,9 e 1,9 punti percentuali.
"Data l'eccezionale incertezza che attualmente caratterizza le prospettive - sottolinea la Banca centrale - le proiezioni includono anche due scenari alternativi". In generale, l'entità della contrazione e della ripresa dipenderà in modo decisivo dalla durata e dall'efficacia delle misure di contenimento, dal buon esito delle politiche tese a mitigare l'impatto avverso sui redditi e sull'occupazione e dalla misura in cui la capacita' produttiva e la domanda interna subiranno effetti permanenti. Il Consiglio direttivo ritiene che, "nel complesso, i rischi per lo scenario di base siano orientati al ribasso".
Il primo trimestre 2020
Nel primo trimestre del 2020 il Pil in termini reali dell'area dell'euro è sceso del 3,8% sul periodo precedente e i nuovi dati segnalano "un'ulteriore marcata flessione nel secondo trimestre". È quanto si legge nell'ultimo bollettino economico della Bce. I più recenti indicatori economici e gli ultimi risultati delle indagini congiunturali, spiegano gli esperti della Banca centrale, "confermano una drastica contrazione dell'economia dell'area dell'euro e un rapido deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro".
La pandemia di coronavirus e le necessarie misure di contenimento hanno avuto "gravi ripercussioni" sia sul settore manifatturiero sia su quello dei servizi, comportando "pesanti ricadute per la capacita' produttiva dell'economia dell'area e la domanda interna".
"La contrazione causata dal Covid-19 è stata eterogenea nei vari Paesi e nei diversi settori. Fra le maggiori economie dell'area dell'euro si è registrato un calo dell'attività economica più marcato in Francia, Italia e Spagna che in Germania e nei Paesi Bassi". Nel complesso, si legge, "l'impatto delle misure di chiusura si è tradotto in una marcata contrazione della produzione industriale nell'area dell'euro, che a marzo 2020 ha subito una flessione senza precedenti dell'11,3 per cento rispetto al mese precedente e del 3,3 per cento nel primo trimestre del 2020 rispetto a quello precedente".
I problemi per il trasporto aereo
Il trasporto aereo internazionale è stato tra i più penalizzati dalla pandemia di coronavirus. E l'Italia ha fatto registrare un crollo che è superiore alla media globale. Nel Bollettino economico, la Bce sottolinea che a livello mondiale, la capacita' dei voli di linea è diminuita del 65 per cento.
Negli Stati Uniti e in Giappone è diminuita, rispettivamente, del 72 e del 48 per cento, mentre in Cina è scesa del 71 per cento per poi risalire al 20 per cento in meno rispetto ai livelli del 2019. In Italia, Spagna, Francia e Germania, la capacità di volo ha subito un forte calo, pari a oltre il 90 per cento rispetto al periodo corrispondente del 2019. Un crollo della capacità di volo, si legge nel Bollettino, che non ha precedenti nella storia dell'aviazione.
Ad esempio, ricordano gli esperti dell'istituto di Francoforte, i ricavi del trasporto aereo passeggeri sono diminuiti del 15 per cento circa in seguito agli attentati terroristici di settembre 2001 e il loro totale recupero, negli Stati Uniti e in Europa, ha richiesto un periodo che ha oscillato fra i due e i tre anni. L'epidemia di SARS del 2002-2003 ha ridotto i ricavi del trasporto passeggeri di circa due terzi, con un recupero intervenuto solo un anno dopo. "Il calo dell'attività aerea internazionale dovuto al COVID-19 è, tuttavia, molto più ampio e pronunciato e genererà probabilmente effetti più duraturi per il settore rispetto a questi eventi del passato".
Pmi italiane più penalizzate d'Europa
Le pmi italiane hanno pagato il conto più salato della crisi da coronavirus. In particolare, spiegano gli esperti dell'istituto di Francoforte, la contrazione del fatturato "è stata piu' brusca" in Italia rispetto ad altri paesi dell'Eurozona. Più in generale, il Bollettino segnala che le Pmi dell'area dell'euro hanno segnalato una contrazione del fatturato per la prima volta dall'inizio del 2014.
In termini di percentuali nette, la variazione del fatturato riportata dalle imprese è stata pari al -2 per cento per l'insieme dell'area dell'euro. Il deterioramento è stato diffuso, nonostante alcune differenze tra paesi. "La flessione più brusca si è registrata in Italia, seguita da Slovacchia, Grecia e Spagna, mentre in Germania e Francia una percentuale netta molto più esigua di PMI ha indicato un aumento del fatturato" si legge nel Bollettino.
Anche altri indicatori confermano questo triste 'primato' delle pmi italiane.
Nel Bollettino, si segnala che anche la redditività delle Pmi si è indebolita nei vari paesi e settori economici. In un contesto di contrazione del fatturato, gli elevati costi del lavoro (segnalati dal 46 per cento delle imprese in termini netti) e degli altri fattori di produzione (45 per cento) hanno infatti gravato sugli utili delle PMI in tutta l'area dell'euro (-15 per cento, rispetto al precedente -1 per cento), nonostante le condizioni di finanziamento accomodanti.
In questo contesto, perà, ancora una volta le pmi italiane, oltre che quelle greche, spagnole e slovacche "hanno registrato una riduzione degli utili particolarmente forte. A livello settoriale, l'industria sembra essere stata la più colpita dal deterioramento degli utili (-20 per cento, rispetto al precedente -7 per cento), soprattutto in Italia". Anche nel settore del commercio il 19 per cento netto delle PMI dell'area dell'euro ha registrato un calo degli utili; "tale quota raggiunge il 37 per cento in Italia e il 30 in Spagna".
Un triste 'primato' confermato anche per quanto riguarda l'accesso al credito. La Bce sottolinea che "l'indebolimento della posizione finanziaria e il peggioramento del contesto macroeconomico hanno suscitato timori tra le PMI sulla capacità di accesso ai finanziamenti". Per la prima volta da settembre 2014 il deterioramento del fatturato e degli utili delle PMI nell'area dell'euro "è stato considerato un ostacolo all'ottenimento di finanziamenti esterni (-18 per cento, rispetto al precedente 5 per cento), in particolare tra le PMI spagnole, italiane e portoghesi".
Le Pmi hanno altresì segnalato che l'andamento delle prospettive economiche generali ha avuto effetti negativi sull'accesso ai finanziamenti, con una percentuale netta che non si registrava da marzo 2013 (-30 per cento, rispetto al precedente -13 per cento). Ancora una volta, "il deterioramento è stato diffuso tra paesi, in particolare in Germania, Italia e Finlandia, e tra settori, con percentuali nette pari al -31 per cento nell'industria, al -21 nelle costruzioni, al -31 nei servizi e al -30 nel commercio".
Rispetto alle imprese più grandi, inoltre, le Pmi, e in particolare le micro-imprese, sono sembrate maggiormente preoccupate delle ripercussioni negative che le proprie prospettive di vendite e di utili avrebbero sull'accesso al credito.