Thai Airways, di proprietà per il 51% del governo di Bangkok, ha presentato un'istanza ad un tribunale fallimentare locale. Si tratta di una ristrutturazione controllata ad opera dello stesso esecutivo, che ha optato così per un'altra strada e non il prestito ponte.
Una volta che i giudici accetteranno la domanda, la compagnia aerea come è nei piani dell'esecutivo non fallirà ma avrà tempo per negoziare con i suoi creditori la ristrutturazione del debito. Insieme a tutte le compagnie aeree, Thai Airways è stata duramente colpita dall'impatto del nuovo coronavirus.
Anche prima della pandemia e del lockdown che ha portato al fermo dei voli in tutto il mondo, Thai Airways era in difficoltà e ha registrato perdite ogni anno dopo il 2012, perdite che negli ultimi tre anni ammontavano a 800 milioni di dollari l'anno.
Lunedì la compagnia aerea ha nominato quattro nuovi membri del consiglio di amministrazione, tra cui il suo ex amministratore delegato, Piyasvasti Amranand, che ha gestito la compagnia aerea dal 2009 al 2012.
La crisi di Thai è profonda e sta avendo ripercussioni internazionali: ad esempio circa due settimane fa, la compagnia ha chiesto e ottenuto fino al 30 aprile 2021 la cassa integrazione per i 35 dipendenti italiani, di cui 11 a Malpensa.
Per proseguire, l'azienda ha bisogno di oltre 1,5 miliardi di dollari di liquidità, così da tamponare le perdite dovute al Covid-19 e un bilancio che negli ultimi tre anni è sempre stato in rosso, nella misura di 800 milioni di dollari.
Le cause della situazione vanno da ricercare nella concorrenza elle compagnie low-cost, ma anche nelle interferenze politiche e nella cattiva gestione che non le ha permesso di mantenere prezzi competitivi. Poi è sopravvenuta la pandemia, ed è stata la classica goccia. Al momento, ha sospeso i voli internazionali fino al 30 giugno.