Se la crisi innescata dalla pandemia di coronavirus non passa al più presto e se non ci sarà a breve un ritorno dei turisti in Italia le micro-imprese artigiane rischiano di scomparire.
È l'allarme lanciato dall'economista Giorgio Arfaras, direttore della Lettera Economica del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, che commenta all'Agi lo studio della Cgia di Mestre secondo cui nei primi 3 mesi di quest'anno il numero complessivo delle imprese artigiane presente in Italia è sceso di 10.902 unità.
Per l'esperto il campanello d'allarme lanciato dalla Confederazione è il segnale che "stiamo facendo sempre più i conti con la polverizzazione del sistema produttivo italiano".
"Piccole imprese che vivono di credito, come quelle artigiane - osserva Arfaras - per le quali bastano variazioni modestissime del fatturato perché vadano completamente in crisi, e quindi non siano piu' in grado di pagare l'affitto e gli stipendi, rischiano di comparire per sempre".
E prosegue: "Se la crisi non finisce in pochissimo tempo si arriva all'estinzione di queste piccole imprese". Un destino drammatico per migliaia di artigiani, che per l'esperto "è il sintomo di una fragilità italiana che è duplice: da una parte ci sono le micro-imprese e dall'altra c'è il peso del turismo".
Una parte cospicua del Pil italiano deriva dal turismo, fa notare l'economista: "Stiamo parlando di circa il 10% del Pil. L'economia italiana aveva e ha questa grande tradizione artigianale" riflette Arfaras "Italia, Germania e Giappone hanno questa tradizione artigianale spaventosa che viene dai secoli. Una tradizione che però non si è evoluta in una dimensione d'impresa maggiore".
È come dire che c'è una tradizione ma non ci sono le gambe per farla camminare. "Bisogna inventarsi un sistema per cui le micro imprese si uniscano per avere più forza e garanzie di sopravvivenza".