Mentre in Italia si accende il dibattito politico sul prestito da 6,3 miliardi di euro chiesto da Fca vediamo come si stanno muovendo gli altri Governi europei nei confronti delle aziende produttrici di auto. C'è da evidenziare - lo denunciano i sindacati - che in Italia non c'è stato ancora nessun provvedimento ad hoc per il settore automotive. In generale, da quando è iniziata la pandemia, la Commissione Ue ha approvato aiuti di Stato all’economia dell’Unione per un importo stimato pari a circa 1.950 miliardi di euro (tra garanzie a prestiti, a sovvenzioni). Soldi che hanno l'obiettivo di dare liquidità e quindi permettere la sopravvivenza di moltissime imprese.
FRANCIA
La Francia è stato finora il Paese europeo più attivo in questo senso. Proprio oggi il governo ha annunciato "entro 15 giorni" un piano per sostenere il settore dell'auto, duramente colpito dall'impatto del coronavirus. A dirlo il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, secondo cui il nuovo piano, incoraggerà "l'acquisto di veicoli puliti". Le Maire ha preannunciato anche un intervento a sostegno del settore aeronautico a partire dal primo luglio. "Annuncerò un piano di supporto per il settore automobilistico entro 15 giorni, così da rilanciare i consumi e la transizione verso un modello di mobilità più sostenibile", ha affermato il ministro.
A marzo il mercato automobilistico francese ha subito un vero e proprio tracollo con le immatricolazioni scese del 72,2% contro un atteso -20%.
C'è da dire che la Francia è già intervenuta in aiuto di Renault che ha ottenuto garanzie statali su prestiti bancari per 5 miliardi di euro. Le Maire ha tuttavia sottolineato che, per avere il sostegno economico pubblico, i costruttori transalpini dovranno impegnarsi a rilocalizzare il più possibile i loro stabilimenti di assemblaggio in Francia. Che vuol dire garanzie sui posti di lavoro, destinati ad aumentare grazie alla mano d’opera necessaria per mandare avanti gli impianti senza contare gli effetti positivi su indotto e gettito fiscale. Bisogna osservare che in Francia il Governo ha maggiore possibilità di farsi ascoltare dalle grandi società essendo azionista con il 15% di Renault e con il 13% di Psa.
Sempre nei giorni scorsi Le Maire aveva ripetuto che le aziende francesi devono impegnarsi a rafforzare la produzione nazionale per ottenere gli aiuti. “Siamo pronti ad aiutarvi, siamo pronti a migliorare gli incentivi per le nuove auto, siamo pronti a vedere cosa può migliorare la vostra competitività nei siti di produzione francesi”, ha detto Le Maire ma “in cambio quale sarà il vostro piano di rilocalizzazione? È così che vogliamo costruire un’industria automobilistica più forte”. Attualmente Renault possiede 18 stabilimenti in Europa e di questi solo 6 sono in Francia. Psa ne ha 18, sparsi fra Europa e Russia. In Francia solo 5.
GERMANIA
In Germania la situazione è meno avanzata sul fronte degli aiuti. Il governo federale ha annunciato che deciderà entro l'inizio di giugno sugli incentivi al settore auto. Il sindacato dei metalmeccanici Ig Metall (Igm) l'associazione dell'industria auto tedesca (Vda) nonché i maggiori marchi tedeschi come Volkswagen, Bmw e Daimler spingono per forti incentivi al cambio auto magari puntando sui modelli più ecologici.
Anche in Germania la situazione del settore è pesante ma meno che in altri paesi Ue un po' è accaduto con l'impatto del virus. Ad aprile il mercato automobilistico ha registrato un calo storico, il secondo di fila, crollando del 61,1% su base annua a causa della pandemia del coronavirus. Si tratta del livello più basso dalla riunificazione. In totale, secondo l'Agenzia Federale Automobilistica Kba, in un mese sono state immatricolate solo 120.840 nuove auto, un terzo in meno rispetto al peggior mese della crisi del 2009, con la maggior parte dei punti vendita in Germania chiusi a fine marzo per limitare la diffusione del virus. C'è da dire però che Berlino ha gestito la pandemia con meno danni anche per l'auto e quindi forse anche per questo la situazione è meno urgente. Sempre il mese scorso le auto vendute sono state 121.000 (-61% su aprile 2019) ma molte di più rispetto alle 4.279 auto vendute in Italia (-97%) o in Francia, Spagna e al Regno Unito.
Il modello verso cui si vorrebbe muovere il Governo sarebbe quello degli incentivi più che interventi diretti nel capitale. Per Ralf Brandstatter, Chief Operating Officer di Volkaswagen, questo tipo di soluzione potrebbe essere anche un contributo sensato per proteggere il clima e quindi spingere in modo specifico le immatricolazioni di veicoli più green. "Attualmente - ha spiegato una portavoce del ministero dell’Economia - ci sono diverse richieste e proposte dall’industria automobilistica. Li seguiamo da vicino ovviamente ma al momento non è ancora stata presa alcuna decisione".
GRAN BRETAGNA
Anche in Gran Bretagna un vero e proprio piano di aiuti di stato al settore auto non c'è. Secondo le ultime stime la crisi potrebbe comportare una perdita di 257.000 unità quest'anno negli stabilimenti del Regno Unito se le fabbriche rimarranno chiuse fino a metà maggio, costando al settore oltre 8 miliardi di sterline. Ad aprile le vendite di auto nuove sono crollate del 97% a livello tendenziale, a 4.000 unità ad aprile, scendendo ai minimi da 1946 per colpa del coronavirus, ha comunicato l'associazione dei costruttori, precisando come ad aprile le concessionarie siano restate chiuse per il lockdown, avviato il 23 marzo. L'associazione prevede che nel 2020 le vendite si attesteranno a 1,68 milioni di unità, in calo del 27%.
Oggi intanto sono ripartite le fabbriche britanniche di due importanti marchi automobilistici, Ford e Vauxhall. Ford ha riaperto gli impianti per la produzione dei motori a Dagenham e a Bridgend, completando il ritorno al lavoro di tutti gli impianti europei della Casa americana. Vauxhall, gia' della General Motors e dal 2017 del Gruppo Psa-Peugeot-Citroen, ha riaperto l'impianto di Luton, con meta' della forza lavoro abituale. La settimana scorsa, sono tornati al lavoro 2.000 addetti alla fabbrica di Jaguar Land Rover di Solihull in Inghilterra e anche Aston Martin ha cominciato la fase di ritorno al lavoro nella fabbrica di St Athan in Galles.