Parte oggi, senza preavviso, la nuova fase di cassa integrazione per il personale di ArcelorMittal decorre da oggi. La nuova lettera inviata ai dipendenti dall'azienda, riferiscono i sindacati, non contiene alcuna previsione di fine cassa e di rientro al lavoro per gli operai delle acciaierie. Inoltre, particolare nuovo rispetto alla precedente lettera di messa in cassa integrazione datata 4 maggio, che indicava la possibilità di ritorno al lavoro dei cassintegrati su richiesta dei responsabili del settore di appartenenza, nella nuova comunicazione - a valere dal 15 maggio - questa possibilità del rientro non è più citata. C'è solo il riferimento alla cassa integrazione Covid.
Dura la protesta dei sindacati metalmeccanici che hanno proclamato sciopero unitario negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure e in queste ore stanno chiedendo al Governo e in particolare al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, di riprendere con urgenza il dossier ArcelorMittal "stante - evidenziano - la completa inaffidabilità della multinazionale".
Sino a ieri, solo a Taranto, erano più di 3 mila i dipendenti in cassa integrazione su una forza lavoro diretta di 8200. Nel pomeriggio di ieri, ArcelorMittal aveva già comunicato ai sindacati che sarebbero tornati in cassa circa 360 unità dell'area a freddo che erano rientrati al lavoro o erano in procinto di rientrare per un periodo compreso fra le 3 e le 7 settimane. L'azienda ha spiegato la retromarcia col fatto che i clienti per i quali si sarebbe dovuto produrre, hanno fermato gli ordini. Dopo i 360 tornati in cassa, ArcelorMittal ha sospeso dal lavoro altri 1000 addetti, divisi tra i siti di Taranto, Genova e Novi Ligure.
"Il fatto che molti lavoratori - collocati da oggi in cig dall'azienda - abbiano appreso solo stamattina, col primo turno, di essere stati sospesi dal lavoro, accorgendosene dal tesserino di ingresso disattivato, viene ritenuto dalla Uilm il 'segnale di un'azienda in totale confusione'", sottolinea la Uilm.
"La domanda di acciaio è crollata, la pandemia stata devastante per la siderurgia. Ma non può essere una scusa per smantellare la ex Ilva", è il monito della Fim Cisl. "bisogna cambiare rotta evitando che la siderurgia italiana precipiti nel baratro". A giudizio della Fiom, "la situazione del gruppo ArcelorMittal sta diventando ogni giorno più insostenibile" e "gli stabilimenti sono oggettivamente allo sbando".