Il governo lo definisce la base per la ripartenza, gli economisti una misura tampone. Il decreto rilancio, approvato ieri in Consiglio dei ministri, non convince gli esperti che mettono l'accento sulla mancanza di visione a lungo termine e la carenza di riforme.
Secondo Carlo Cottarelli, si tratta di "un decreto molto complesso" e "principalmente volto ad attenuare lo shock che c'è stato più che a rilanciare l'economia". Per questo motivo, evidenzia l'ex commissario alla spending review, "alla fine sarà necessario un altro decreto fra due-tre mesi". Il problema però, rileva, è che "il deficit pubblico del Def del 10,5% del Pil comprende questa manovra ma non ne comprende un'eventuale altra che sarebbe invece necessaria per un rilancio vero dell'economia. Per esempio con gli investimenti pubblici".
Avere una strategia di rientro del debito è importante anche per Veronica De Romanis, economista della Luiss, in quanto in questo modo "si definisce un nuovo bilancio pubblico, che è la fotografia di dove sta andando il Paese e, contemporaneamente, definisce le strategie della crescita".
Parla invece di "un provvedimento paracadute che non va oltre l'emergenza" il direttore della Lettera Economica del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, Giorgio Arfaras, che sottolinea: "Non c'è un disegno di rilancio" ma solo "tamponi per una serie di categorie". Servirebbero piuttosto "misure di ampio respiro" e ciò fa sì che il Dl rilancio "rimanga un provvedimento di pronto soccorso che favorisce chi guadagna meno o le imprese più fragili ma si ferma lì".
Per gli economisti interpellati dall'AGI, sarebbe stato quindi opportuno avviare subito una serie di riforme: dalla sburocratizzazione alla riforma della Pubblica amministrazione puntando soprattutto sullo sblocco degli investimenti pubblici. Per De Romanis, la riforma della pa permetterebbe "di agevolare gli investimenti privati, dall'estero e di rendere più efficiente anche gli investimenti pubblici. Rimette in moto una macchina che è molto lenta".
Per Cottarelli, "ora diventa anche più urgente pensare davvero al rilancio, il che richiede investimenti pubblici e meno burocrazia per dare una spinta per far ripartire l’economia"
Oltre a questo, mancano anche "disegni più complessi legati a quelli che sono i problemi di struttura dell'economia italiana", spiega Arfaras, come per esempio "i problemi di crescita di lungo termine, l'eccesso di nano imprese o il livello di istruzione bassa", tutti argomenti che nel decreto "non sono minimamente toccati".