In piena crisi economica da coronavirus, con l'allarme recessione globale da una parte e l'attività di governi, banche centrali e istituzioni internazionali per arginare l'emergenza dall'altra, si torna a parlare anche di helicopter money. Espressione con cui nel 1969 l'economista americano Milton Friedman paragonò gli effetti di un'espansione monetaria a un elicottero che faceva letteralmente piovere denaro dal cielo.
Ma in Italia ricorrere all'helicopter money, in particolare per colmare l'imponente crisi di liquidità delle imprese è fattibile, oppure porta con sè dei rischi ben maggiori dei benefici ottenuti? Il fronte degli economisti contattati dall'AGI si divide sull'eventuale efficacia della misura.
L'ex capo economista del Mef, Lorenzo Codogno, esprime "forti dubbi e perplessità", mentre per il direttore della Lettera Economica del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, Giorgio Arfaras, l'helicopter money "con l'uso dell'autocertificazione" potrebbe aprire la strada "a una vera sburocratizzazione" del Paese. Sulla stessa lunghezza d'onda Fabrizio Pagani, capo globale Strategie del fondo d'investimento statunitense Muzinich.
Secondo Pagani, un helicopter money italiano è possibile se si rispettano tre parametri: "Una platea di destinatari ben definita e costituita da piccolissime imprese; chiarezza e rapidità del meccanismo e, ultimo, la non sovrapposizione con le misure sulla liquidità". Nel dettaglio, secondo Codogno "dare quattrini alle imprese crea problemi politici e sociali non indifferenti". Spiega l'economista: "Il fare impresa è importantissimo, ma non darei dei soldi a fondo perduto".
Per il visiting professor in practice alla London School of Economics, il "modo più semplice ed efficace" per sostenere le imprese in questa emergenza è quello di ridurre le tasse: "Dare ad esempio un anno di 'vacanza fiscale' alle piccole aziende", afferma. L'aiuto alle imprese "è una priorità in questa fase, perché sono le imprese che generano lavoro - insiste Codogno - ma c'è modo e modo per farlo.
Dare soldi a fondo perduto in una situazione come quella italiana porta con sè il rischio di problemi di equità e di elargizione alle imprese con una selezione di merito compiuta dal Governo che non si dovrebbe fare. Mentre ci sono modi per sostenere le piccole aziende molto più rapidi e facili che non implicano una scelta". Come "dare sussidi consistenti a chi assume o mantiene i lavoratori, una vacanza per i contributi sociali ad esempio, o - ribadisce - offrire direttamente un periodo di esenzione delle tasse, che può durare mesi o addirittura un anno intero". Tutto il resto per Codogno non vale "per il rischio di allocare le risorse pubbliche in modo non efficace e appropriato, e di aprire la strada a fenomeni di corruzione".
Di un'altra scuola di pensiero Giorgio Arfaras, secondo cui il nodo centrale "è come si stabilisce quali imprese siano meritevoli di ricevere questi soldi e quali no". In Italia, osserva, "può diventare un problema amministrativo dimostrare che le risorse servono. Il principio è giusto, ma il problema è l'attuazione. Bisogna tener conto che qui da noi la maggior parte delle aziende sono piccole o piccolissime e che ce ne sono molte di più rispetto ad altri Paesi come la Francia e la Germania".
Ragiona Arfaras: "Le nano imprese sono aziende che non hanno economie di scala e che sono normalmente molto indebitate", agiscono cioè più con l'indebitamento che con il capitale di rischio, "che è la spiegazione del perché qualche anno fa - ricorda l'esperto - le banche italiane che sono entrate in crisi sono state quelle delle zone dove ci sono più piccole e medie imprese, la Toscana e il Veneto".
Quindi, per l'economista il problema della liquidità in generale c'è e in Italia in particolare per la presenza delle micro imprese. Ma come far arrivare questa liquidità. "La via è un'autocertificazione", risponde sicuro, "con il rischio sì che si favoriscano alcuni ai danni di altri", ma dato il momento eccezionale, "bisogna fare in modo che ci sia un'autocertificazione, che è la strada per la sburocratizzazione".
Per Fabrizio Pagani, infine, la misura per funzionare non può prescindere da tre punti, a cominciare dalla platea di riferimento. "La misura - dice l'esperto all'AGI - sarebbe utile alle micro imprese dell'artigianato e ai piccoli esercizi commerciali, oppure a settori specifici colpiti in maniera particolarmente dura dall'emergenza Covid, come il turismo".
Secondo aspetto: "Se si introduce bisogna essere sicuri sul meccanismo di funzionamento ed essere quindi certi che i soldi arrivino in maniera semplice e rapida sui conti correnti di chi ne ha diritto". Se si fa un annuncio e poi passa un tempo troppo lungo e le procedure sono troppo complicate per accedere alle risorse, infatti, "abbiamo un effetto boomerang particolarmente deleterio", sottolinea l'esperto.
Il terzo punto è far sì che la misura "sia ben raccordata con quelle sulle garanzie e sulla liquidità che sono state già prese" per evitare caotiche sovrapposizioni.