La sospensione, anche se temporanea, delle attività produttive per fronteggiare l'emergenza sanitaria del Covid-19 ha causato per 3,7 milioni di lavoratori il venir meno dell'unica fonte di reddito familiare. È quanto emerge dall'analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, secondo cui ad essere più colpite sono le coppie con figli (1.377 mila, 37%) e i genitori "soli" (439 mila, 12%) con il rischio di non riuscire a fronteggiare le spese quotidiane. Un dato preoccupante se si considera che ben il 47,7% dei lavoratori dipendenti dei settori "che hanno chiuso" guadagnava meno di 1.250 euro mensili e il 24,2% si trova addirittura sotto la soglia dei mille euro.
Ad essere coinvolta, oltre ai ceti più deboli a rischio (o già in) povertà, è anche la vasta platea di lavoratori a reddito medio-basso, per la quale l'assenza di reddito anche per un solo mese può determinare una situazione di grave disagio. In difficoltà poi - fa notare lo studio - i giovani che hanno stipendi più bassi (oltre il 60% della popolazione tra i 25 e i 29 anni abitualmente non supera i 1.250 euro) e inferiore disponibilità di risparmio.
Meno critica potrebbe sembrare la situazione delle donne, più largamente occupate nella pubblica amministrazione. Tuttavia, se si osserva la sub-popolazione degli occupati costretti a casa dall'emergenza sanitaria, si nota che 2,5 milioni di donne (in particolare le addette nelle attività di vendita e le occupate part-time) sono per 2/3 (65,8%) al di sotto di uno stipendio di 1.250 euro al mese contro il 36% dei maschi.
Da un punto di vista territoriale è al Sud che si ha la maggiore concentrazione di disagio con una incidenza, tra i lavoratori dipendenti temporaneamente senza lavoro, dei monoreddito, pari al 49,6% (contro il 35,2% dei residenti del Centro e il 34,3% del Nord Italia).
La situazione appare più critica tra gli autonomi: non solo la quota di quanti non lavorano per effetto delle chiusure da Covid-19 è più alta (55% contro il 38,2% dei dipendenti), ma tra questi ultimi è più elevata anche la percentuale di chi vive in famiglie monoreddito (sono il 42% contro il 38% dei dipendenti), e dove pertanto nei mesi in questione viene a mancare l'unica fonte di reddito familiare.
"I provvedimenti adottati a tutela della salute pubblica hanno esposto a maggiore rischio proprio i lavoratori meno qualificati e a piu' basso reddito, che avrebbero invece avuto bisogno di piu' tutele. Si pensi alla chiusura dei comparti manifatturieri, al lavoro artigiano e operaio, all'edilizia o al commercio", ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone.
"Al contrario chi ha potuto contare sulla continuità lavorativa tramite smart working sono stati soprattutto i lavoratori della conoscenza, impiegati e quadri di aziende pubbliche e private, professioni a più alta qualificazione, che vantano titoli di studio e redditi più elevati. In tale ottica, l'emergenza Covid-19 sta avendo a livello occupazionale un vero e proprio effetto divaricante, amplificando il disagio sociale in quei segmenti socio-territoriali che già si trovavano in condizioni economiche molto precarie e mettendo in grande difficoltà - ha concluso -anche quella vasta platea di famiglie abituata a gestire con grande oculatezza il proprio bilancio mensile e che non può contare su una riserva di risparmio sufficiente a garantire la copertura da eventuali rischi o emergenze come l'attuale".